“Se vuoi fare la pace col tuo nemico devi lavorare col tuo nemico. Così diventerà il tuo partner” è il principio che ha ispirato l’impegno di Nelson Mandela per la riconciliazione delle comunità del suo paese ed è un principio che in questi tempi di guerre vorremmo riprendesse ad ispirare i governanti di tutto il mondo.
Giovedì 5 dicembre 2024, alle ore 12, nell’anniversario della scomparsa di Mandela, ed in occasione del ventennale della intitolazione del palazzo dello sport di Firenze a Mandela, presso la cella all’ingresso del Nelson Mandela Forum in piazza Berlinguer, si è tenuta una cerimonia tesa a sottolineare la volontà di pace.
Hanno parlato: Mmathari Mashao – Ministro Plenipotenziario presso l’Ambasciata del Sudafrica Eugenio Giani – Presidente della Regione Toscana; Sara Funaro – Sindaca di Firenze; Verne Harris – Consulente esecutivo della Nelson Mandela Foundation; Fondazione CR Firenze; Claudio Vanni per Unicoop Firenze; Izzedin Elzir Imam di Firenze; David Liscia a nome della comunità ebraica di Firenze; don Giovanni Momigli, in rappresentanza dell’arcivescovo Gherardo Gambelli.
Schema Intervento don Giovanni Momigli
Porto il saluto dell’Arcivescovo, monsignor Gherardo Gambelli, che non può essere presente a questo particolare momento commemorativo.
Celebrare nel contesto attuale, di “guerra mondiale a pezzi”, i venti anni dall’intitolazione del palasport di Firenze a Nelson Mandela, dimostra quanto sia stata illuminata questa scelta.
Mandela, una persona di grande spessore, ha messo al primo posto la necessità di creare una nuova e positiva convivenza. E, per farlo, ha dovuto fare un’opera di forte riconciliazione, senza venir meno alla verità delle responsabilità.
La frase di Mandela «Se vuoi fare pace col tuo nemico, devi lavorare col tuo nemico. Solo così diventerà tuo partner», è scritta chiaramente sul soffitto di questo luogo, sotto il quale si trova anche la riproduzione della sua piccola cella.
Parlare avendo questa cella alle spalle mi porta a pensare alle celle ci siamo costruiti: la cella dell’ideologia, della supremazia, del rancore, dell’odio.
Il passato non può essere cambiato, ma possiamo costruire un futuro nuovo, diverso. Rimanere chiusi nella cella del rancore e dell’odio, però, ci imprigiona nel passato e ci rende incapaci di diventare costruttori di futuro.
Per distruggere queste celle mentali, sentimentali e relazionali può essere utile partire da un’altra frase di Mandela: «Possano le tue scelte riflettere le tue speranze e non le tue paure».
Le scelte che facciamo, ad esempio, per paura dell’escalation delle guerre in corso, sono sicuramente di altro segno da quelle che potremmo fare se ci lasciassimo guidare dalla speranza che il nostro pensare e il nostro operare, oltre a impedire davvero ogni escalation, possono condurre alla pace.
Mandela è stato una persona concretissima perché capace di sognare, capace di sfidare gli ostacoli, dimostrando che è possibile quello che il solo ragionamento ci direbbe il contrario.
Per essere guidati dalla speranza non si possono coltivare ideali piccoli ed essere incapaci di sognare: occorre essere persone solide, con forti ideali e grandi sogni.