ARTICOLO PUBBLICATO SU TOSCANA OGGI .L’OSSERVATORE TOSCANA 27-10-24
Sabato 26 ottobre in sette piazze d’Italia, fra cui Firenze, si terrà una manifestazione per la pace promossa da una variegata rete di associazioni, per chiedere alle istituzioni nazionali e internazionali un cambio di rotta nell’attuale scenario di “III guerra mondiale a pezzi”. Questa mobilitazione si snoda attorno ad alcune richieste di fondo: stop alla corsa al riarmo, spazio alla diplomazia, rispetto del diritto internazionale e delle istituzioni sovranazionali.
Da quanto sta avvenendo nel mondo, sembra che gli stati abbiano sdoganato la guerra: si presentano giustificazioni molteplici e si trovano “buone ragioni” non solo per difendersi, ma per attaccare, bombardare, conquistare.
Si fa sempre più strada la convinzione che solo la “vittoria finale” potrà portare a deporre le armi, a smettere di uccidere assieme alle persone anche il livello di civiltà raggiunto. La mancanza del senso di proporzionalità è così eclatante, che ci riporta perfino alla fase precedente l’arcaico «occhio per occhio dente per dente» (Es 21,24), che voleva costituire un certo argine ai conflitti.
In questo clima, il solo invocare la pace sembra richieda più coraggio di quanto ne occorra per fare la guerra. Parlare di pace è diventato difficoltoso in ogni ambito, per le tensioni e le rotture che produce a causa delle diverse valutazioni nel merito dei conflitti. Se poi si aggiungono anche le volute strumentalizzazioni dei conflitti in corso, parlare di pace appare atto eroico.
Tuttavia, la pace, nelle sue molteplici declinazioni, è una priorità̀ per tutti: non si deve mai smettere di invocarla, di cercarla, di costruirla.
Chiedere la pace è azione culturale di civiltà e va chiesta con forza, anche con la partecipazione alle iniziative dove la si invoca con mezzi degni della pace che si domanda. Nessun tipo di violenza esprimerà mai un vero desiderio di pace.
La pace è un valore per cui, partendo dalla quotidianità delle relazioni, bisogna mettendosi in gioco. E bisogna farlo senza temere chi, in nome del politicamente corretto, utilizza qualche virgola messa male o qualche sfumatura non bene espressa, per affilare le armi della guerra e spuntare le ragioni della pace.
Come cristiani sappiamo bene che, per osare la pace nella concretezza quotidiana e per affermare la necessità di sostituire la forza della diplomazia alla violenza delle armi, dobbiamo ritrovare il coraggio del Vangelo e assumere la complessità dell’umano.