Terza domenica di Quaresima Anno B: Es 20,1-17 – Dal Sal 18 (19) – 1Cor 1,22-25 – Gv 2,13-25
«Egli infatti conosceva quello che c’è nel cuore dell’uomo» (Gv 2, 25). Queste parole con le quali Giovanni conclude il racconto della cacciata dei mercanti dal tempio, sono un richiamo alla purificazione spirituale che ognuno di noi è chiamato a continuamente compiere.
Per cercare di capire il senso di questa purificazione, fermiamoci anzitutto sul brano del libro dell’Esodo che abbiamo ascoltato.
Quello a cui Dio parla è un popolo che si trova nel deserto del Sinai e non sa bene quale direzione prendere.
È un popolo smarrito soprattutto nella relazione con un Dio che sta imparando a conoscere, di cui a volte non si fida, contro cui mormora.
Proprio mentre pensa di essere stato tradito o abbandonato, Dio dona a questo popolo delle parole preziose che gli rivolge usando il tu.
Quelli che conosciamo come comandamenti sono piuttosto parole con le quali Dio si presenta e servono per costruire una relazione.
Dio non è un idolo, ma Colui che in maniera viva stabilisce una relazione con noi. Dio non è il prodotto della mia immaginazione, ma è Colui che mi sorprende e che mi offre la relazione con lui.
Sappiamo bene che in una relazione le parole non bastano, occorrono anche gesti concreti. E Dio ha operato concretamente nella storia di Israele: lo libera dalla schiavitù, lo libera dalla fame e dalla sete, lo libera dai serpenti velenosi.
Soprattutto, come ci ricorda Paolo nella seconda lettura, quelle parole che Dio ha pronunciato nel deserto del Sinai trovano la loro pienezza sulla croce.
Se in quelle parole troviamo il desiderio di Dio di costruire una relazione con noi, la croce supera tutte le parole: è l’amore che non può essere spiegato, ma solo accolto e condiviso.
Dio si fa incontrare concretamente anche nelle relazioni che costruiamo tra noi.
Nella vita del popolo d’Israele, il Tempio è diventato, nella terra promessa, il luogo dell’ascolto delle parole di Dio.
Quel Tempio che dovrebbe essere l’immagine della relazione con Dio, Gesù lo trova diventato un mercato.
È come se nella relazione con una persona a cui diciamo di voler bene ci mettessimo a mercanteggiare, provando a ingannare, a sfruttare, a cercare di trarne un profitto.
È questo che Israele ha fatto con Dio, trasformando il Tempio in un mercato. Ed è quello che, anche inconsapevolmente, spesso facciamo nelle relazioni con Dio e relazioni tra noi.
Gesù vede nel Tempio un’immagine del suo corpo, dove si realizza la relazione tra il divino e l’umano. Ricostruire il Tempio, per Gesù significa proprio ricostruire la relazione usurata tra Dio e l’umanità.
Ricostruire è sempre un lavoro esigente. Forse anche noi, a volte, preferiamo rimanere dentro relazioni usurate, di comodo, anche se non sono più relazioni autentiche.
Dio si sottrae a ogni tipo di relazione commerciale e, quando ci troviamo a viverle, fa in modo di rovesciarle per costringerci a crescere e a camminare verso la nostra felicità, che possiamo trovare soltanto in una relazione vera e profonda con lui e con gli altri.
Dio sa bene cosa c’è nel nostro cuore e ci richiama continuamente alla purificazione. Ma non al perfezionismo, perché conosce i grovigli che siamo in grado di creare con le nostre fragilità e incoerenze.