Don Giovanni Momigli

Schema Omelia domenica 20 novembre 2022

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo anno C: 2Sam 5,1-3   Sal 121   Col 1,12-20   Lc 23,35-43

La regalità di Gesù Cristo, che siamo invitati a contemplare in questa ultima domenica dell’anno liturgico, è assai diversa da ogni regalità umana.

Il Vangelo presenta la regalità di Gesù al vertice della sua opera di salvezza e lo fa in un modo singolare, dimostrando che davvero il regno di Dio non è di questo mondo.

Il Cristo di Dio. L’eletto. Il Re (cfr Lc 23,35.37), appare senza potere e senza gloria: è sulla croce, dove sembra più vinto che vincitore.

Le letture di questa festività ci presentano la regalità di Cristo mettendo insieme quello che scrive Paolo ai Colossesi, «Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono» (Col 1,17), e quello che scrive Luca nel suo vangelo, mostrando Gesù appeso ad una croce, dove in alto c’è scritto «Costui è il re dei Giudei» (Lc 23,38).

Gesù crocifisso non rimprovera e non minaccia, ma – nel brano che precede quello che abbiamo ascoltato – pronuncia parole di misericordia: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34).

Parole significative dette in una situazione e in un momento drammatico, che non possono non far pensare, anche se oggi appare difficile pensare e cogliere il senso e il valore delle parole.

In questa nostra fase storica, le parole sono spesso gridate, senza una reale consapevolezza di quello che si sta dicendo e senza vergogna quando affermano il contrario delle parole appena dette. E anche le grandi parole della fede, nell’attuale contesto, rischiano di perdere il loro impatto reale con la vita.

Le parole, però, sono importanti e, anche se non ne siamo consapevoli, producono sempre qualcosa. Soprattutto le parole pronunciate in momenti come quello che precede la morte.

Per l’evangelista Luca, le ultime parole che Gesù ascolta sono quelle di un malfattore crocifisso insieme con lui – «Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno» (Lc 23,42) – e le ultime che lui pronuncia, prima di consegnarsi al Padre, sono parole di perdono proprio per questo malfattore: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43).

Parole, quelle del malfattore e quelle di Gesù, che non sono solo pronunciate in punto di morte, ma anche in un contesto in cui per ben tre volte viene ripetuta una frase che, oggi come allora, costituisce la vera grande tentazione con cui siamo chiamati a fare i conti: salva te stesso; pensa a te stesso.

Salva te stesso. Pensa a te stesso. Tentazione sempre attuale che si presenta in modo pressante soprattutto nei tempi di crisi e nei momenti decisivi, come ha fatto il diavolo con Gesù nel deserto all’inizio della sua missione e come fa mentre si trova sulla croce.

Questa festa di Cristo Re ci ricorda che ciascuno di noi si trova di fronte alla scelta fra visioni diverse dell’esistenza e che in gioco c’è la realizzazione vera della propria vita: pensare solo a sé stessi con la logica del mondo, costi quello che costi; donare sé stessi amando, scoprendo il senso e la profondità dell’amore nel volto di Gesù crocifisso.

L’alternativa è chiara. Mettere al centro il proprio ego, pensando così di trovare umano successo e di salvare sé stessi, oppure mettere al centro quel Cristo che conclude la sua vita terrena non tra due discepoli e su un trono regale, ma sulla croce in mezzo a due malfattori.

Le parole di affidamento a Gesù del malfattore, in un momento in cui sembra sconfessata ogni parola detta da Gesù in precedenza, dimostrano che la realtà, pur condizionando anche pesantemente, non determina in modo assoluto il nostro agire.

Questo affidamento a Gesù, porta il malfattore a vivere con lui nel paradiso. Essere in paradiso, infatti, altro non sarà che essere con Cristo. Come diceva Sant’Ambrogio: “la vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo, là c’è anche il Regno”.

Consegnarsi nelle mani del Padre, con Cristo e in Cristo come membra del suo corpo (cfr Col 1,18), non ha effetti solo nella vita oltre la morte, ma già qui e ora ci libera dalla schiavitù del nostro io e della nostra storia, rendendoci re della nostra vita.

Conosciamo bene i nostri limiti e la storia dei nostri fallimenti e peccati.  E sappiamo che con facilità e indifferenza ci è capitato di pensare “salvo me stesso gli altri si arrangino ” e di operare di conseguenza. Ma, anche per noi, come per il malfattore sulla croce, sono le scelte che compiamo nel presente a disegnare il nostro futuro.

In questa solennità, dunque, siamo chiamati a rinnovare la nostra fede in Cristo, a guardare il suo volto di misericordia e ad abbandonarci nelle sue mani, certi che anche a noi lui dirà: «oggi sarai con me nel paradiso» (Lc 23,43).

Don Momigli

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