Seconda Domenica dopo Natale: Sir 24,1-4.12-16 Sal 147 Ef 1,3-6.15-18 Gv 1,1-18
Il prologo al vangelo di Giovanni, più che essere una riflessione, è una vera e propria contemplazione sul mistero di Dio e del suo amore, attraverso l’avventura del Verbo che si è fatto carne.
Contemplare il mistero di Dio, che si rende visibile nella fragilità e piccolezza del bambino Gesù, ci fa alzare lo sguardo e allarga i nostri orizzonti, liberandoci dal ritmo frenetico di una quotidianità che pare senza fondamento e senza meta.
Giovanni allarga il nostro cuore e ci fa respirare a pieni polmoni, facendoci contemplare l’intimità e la comunione del Verbo con il Padre e parlandoci con stupore dell’amore di Dio che ci viene incontro: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
Il Prologo del Vangelo di Giovanni potrebbe essere visto e accolto come la dichiarazione d’amore che Dio rivolge a tutti e singolarmente a ciascuno.
Una dichiarazione con la quale non comunica solo il suo amore, ma rivela anche sé stesso: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18).
Dio ci ha scelti in Cristo «prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi» (Ef 1,4-5). E a ogni persona da lui pensata, voluta e amata fin dal principio, nel Verbo fatto carne, Dio dona «grazia su grazia» (Gv 1,16).
Dio non smette mai di offrirci una stabile relazione con lui e ci raggiunge nel suo Figlio Gesù, parola che è vita e luce.
Sappiamo bene che in tanti momenti della nostra vita annaspiamo nel buio: non capiamo bene quello che sta accadendo, ci mancano i criteri di riferimento e una direzione di marcia.
La parola che il Signore ci rivolge è vita e ci salva dal pensare che il diavolo e le tenebre siano più forti di Cristo e della sua luce: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,4-5).
L’amore di Dio, che ci raggiunge attraverso Gesù, come ogni amore, può non essere compreso o incompreso, accettato o rifiutato.
L’evangelista ci dice che, che non è solo il mondo a rifiutare questa parola e questo amore, ma che «non lo hanno accolto» neppure i suoi (Gv 1,11). Oggi diremmo neppure i membri della Chiesa, quelli che professano la fede in lui.
Il Verbo fatto carne viene annunciato prima della sua venuta e continua ad essere annunciato oggi, da persone che accolgono la parola e si fanno voce sulle strade del mondo.
Giovanni Battista è il primo che annuncia questa luce, che è Gesù, e lo fa senza nessuna pretesa di sostituirsi a lui.
A volte, invece, ci possono essere fiaccole che pretendono di essere la luce. Anche molte brave guide spirituali, proprio a causa della loro capacità e del consenso che trovano nelle persone che a loro si rivolgono, spesso cedono a questa pericolosa tentazione.
Tutti dobbiamo essere vigilanti, per non confondere la luce con coloro che sono chiamati a testimoniare la luce
Dobbiamo anche stare attenti per non pensare di essere noi stessi la luce. Di fatto lo pensiamo quando ci abbarbichiamo in alcune nostre certezze, o quando i nostri dubbi diventano essi stessi certezza, non solo in relazione a Dio, ma pure sulle questioni umane. Questo abbarbicamento, di fatto, ci porta a non metterci mai in discussione e a chiudere la porta della nostra vita alla luce della parola.
Dio non ci parla da lontano. Le parole dell’amore sono vere solo se diventano fatti: la parola di Dio si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi.
Come il Verbo è entrato nella storia facendosi carne, accoglierlo ci porta a stare nella storia da credenti, per portare il nostro modesto, ma unico e insostituibile, contributo di amore e di speranza, oltre che per le specifiche competenze.
Nel Verbo che si è fatto carne, Dio ci chiama a partecipare alla sua vita divina.
Per questo, la liturgia di questa domenica, riproponendo il brano evangelico ascoltato il giorno di Natale, ci invita a tenere fisso lo sguardo su Gesù, Verbo del Padre, certi che «a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).