Don Giovanni Momigli

Schema Omelia 1 novembre 2022

Solennità di tutti i Santi:  Ap 7,2-4.9-14   Sal 23   1Gv 3,1-3   Mt 5,1-12

La Solennità dei Santi è festa di popolo, non la memoria di una particolare élite. Per questo è molto espressiva e rivelatrice la visione di Giovanni narrata dal libro dell’Apocalisse: «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» (Ap 7,9).

Santità è una parola che può mettere soggezione, venendo spesso associata all’idea di perfezione, con il rischio di essere percepita come una realtà lontana.

Il popolo dei santi è costituito da una molteplicità di persone concrete e, pertanto, uniche e diverse tra loro, per caratteristiche, sensibilità, spiritualità. Ciascuna persona ha le sue doti, i sui limiti, le sue contraddizioni, la sua vulnerabilità.

Il popolo dei santi, fortemente variegato, trova la sua unità nell’essere tutti membra dello stesso corpo di Cristo. In Cristo ciascuno ha trovato, come noi troviamo, la tensione vitale tra parzialità e pienezza, tra singolarità e comunione.

Con la solennità odierna dei santi e, domani, con la commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa ci fa pensare e guardare alle persone che ci hanno preceduto nel cammino terreno, ricordandoci che tutti facciamo parte di una storia e che la nostra vita non si esaurisce nel presente.

Alcune di queste persone sono state ufficialmente riconosciute sante. Modelli di vita cristiana, non per la loro perfezione, ma perché hanno vissuto sostenute dalla fede e dalla speranza; perché hanno testimoniato che spendere la vita per e con amore significa realizzare in pienezza la propria esistenza.

Oltre a quelli ufficialmente riconosciuti, sono innumerevoli i santi «della porta accanto», come li chiama papa Francesco: persone che con la loro vita hanno accolto e testimoniato Cristo e il suo vangelo.

Noi conosciamo Cristo grazie ai testimoni che ci hanno preceduto, come le future generazioni lo potranno conoscere grazie a coloro che lo testimoniano nell’oggi della vita.

Sono molti le donne e gli uomini che, radicati in Cristo e alla luce del suo vangelo, si sono sporcate le mani, e a volte anche la reputazione, per costruire un mondo più giusto. Persone che hanno vissuto e vivono la lealtà in alternativa all’imbroglio; l’impegno sociale, politico e culturale in alternativa al disimpegno e alla critica sterile, se non distruttiva; la fraternità e la solidarietà in alternativa all’individualistico egocentrismo.

In questi giorni mi vengono a mente i volti delle persone che hanno segnato la mia vita con il loro amore, con la loro vicinanza, con il loro spessore umano e morale, la loro testimonianza di fede. Persone che, pur in modo diverso e anche appartenendo a “mondi culturali” diversi, hanno contribuito alla mia formazione umana e cristiana. Persone che, in vari momenti della mia storia personale, sono state come un frammento del volto amoroso del Padre.

Il fondamento della santità lo troviamo nelle parole dell’apostolo Giovanni, proposte dalla seconda lettura: «Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (1Gv, 3,1).

Essere figli di Dio è pura Grazia. Siamo figli nel Figlio Gesù. Vivere quotidianamente da figli di Dio è la specifica vocazione di ognuno di noi.

Ciascuno di noi è chiamato a vivere secondo il dono ricevuto; chiamato ad essere speranza nel mondo e per il mondo, senza essere del mondo, senza conformarsi al mutevole spirito del tempo.

In ogni epoca possiamo rintracciare testimoni credibili e generosi dell’amore di Cristo. Persone che, contemplando la Gerusalemme celeste e sentendosi chiamati a divenire cittadini della città del cielo, hanno vissuto la loro vita per rendere migliore la città della terra, con fedeltà, concretezza e competenza.

Per il bene delle donne e degli uomini del nostro tempo e delle future generazioni, oggi tocca a noi vivere con fedeltà il nostro essere figli del Padre.

Siamo noi, oggi, quelli chiamati a contemplare la città del cielo e a operare per rendere più umana la città della terra, raccogliendo le sfide dell’epoca presente, con creativa audacia e con una fedeltà colma di speranza.

Le beatitudini, proclamate in modo solenne da Gesù, si rispecchiano nel suo stesso volto, in tutta la sua vita fino alla Croce.

Il segreto perché lo spirito delle beatitudini plasmi la storia concreta di ciascuno di noi, e si riversi nella costruzione del vivere sociale, sta proprio nel mantenere forte il legame con Cristo e con la sua Parola.

Preghiamo perché il Signore ci faccia il dono di essere persone semplici e umili, che non hanno paura di piangere, che sanno essere miti, che operano instancabilmente per la giustizia e per la pace.

In questo giorno solenne, chiediamo a Maria e a tutti i santi di intercedere affinché il Signore ci conceda la grazia di saper sempre riconoscere il nostro peccato e di lasciarci perdonare da lui, per diventare strumenti della sua misericordia.

Don Momigli

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