La misericordia è «l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro»; è «la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita»; è «la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato» (cfr. Misericordiae vultus. 2)
Come recita il canone 976, «Il Simbolo degli Apostoli lega la fede nel perdono dei peccati alla fede nello Spirito Santo, ma anche alla fede nella Chiesa e nella comunione dei santi. Proprio donando ai suoi Apostoli lo Spirito Santo, Cristo risorto ha loro conferito il suo potere divino di perdonare i peccati: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,22-23).
«Il Battesimo è il primo e principale sacramento per il perdono dei peccati: ci unisce a Cristo morto e risorto e ci dona lo Spirito Santo» (CCC 985).
«Secondo la volontà di Cristo, la Chiesa possiede il potere di perdonare i peccati dei battezzati e lo esercita per mezzo dei Vescovi e dei sacerdoti normalmente nel sacramento della Penitenza» (CCC 986).
La salvezza delle anime, è la legge suprema della Chiesa, il criterio interpretativo fondamentale per determinare ciò che è giusto. È per questo che la Chiesa cerca sempre, in ogni modo, di offrire la possibilità di riconciliarsi con Dio a tutti coloro che lo desiderano, che sono in ricerca o che comunque si rendono conto della loro condizione e avvertono il bisogno di essere accolti, amati, perdonati.
Celebrazione dell’eucarestia e remissione dei peccati
Come ha insegnato Giovanni Paolo II: «si può e si deve affermare che il sacramento dell’Eucaristia perdona i peccati. La celebrazione della messa si pone come momento chiave della sacra liturgia che è «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa, e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù» (Sacrosanctum Concilium, 10). Nel sacramento dell’eucarestia si rende presente il sacrificio di obbedienza e donazione al Padre del Signore Gesù, a nostro favore e in unione con noi: «per la remissione dei nostri peccati» (cf. Mt 26, 28)» (Udienza del 18 aprile 1984).
L’atto penitenziale si chiude con l’«assoluzione» del sacerdote (Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna) che rimette i peccati veniali, o quotidiani, e che ci impegna ad accostarci al sacramento della penitenza per la remissione dei peccati gravi, o mortali, che abbiamo coscienza di avere commesso.
Il primo frutto dell’atto penitenziale è dunque l’azione misericordiosa di Dio che ci rende coscienti della gravità dei nostri peccati e ci indica la strada da intraprendere per ritornare dal male al bene nella pace del Signore e nella comunione fraterna.
Questo significa, come afferma già il concilio di Trento, che, di norma, chi ha sulla coscienza un peccato grave non deve accostarsi alla Comunione eucaristica prima di aver ricevuto di fatto il sacramento della Riconciliazione.
Contrizione, perdono dei peccati, comunione eucaristica
Tuttavia, come precisa il Catechismo della Chiesa cattolica rifacendosi allo stesso concilio di Trento, una vera contrizione, ossia «il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire», oltre a rimettere «le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale»” (canoni 1451-1452).
Pertanto, quando un singolo fedele si trovasse nell’impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, per mancanza di sacerdoti disponibili, per malattia o altri impedimenti, compresa la necessità del distanziamento sanitario che può rendere complessa, e in certi casi anche rischiosa per la salute, la celebrazione del sacramento, in presenza di una vera contrizione per il peccato grave commesso, si può ricevere la comunione eucaristica, sia durante la celebrazione in presenza sia a casa.
Per favorire la comunione eucaristica ad anziani e malati, mantenendo la necessaria prudenza sanitaria per rispetto delle persone, fra le altre possibilità «il Parroco consideri l’opportunità di affidare temporaneamente il ministero straordinario della Comunione ad un parente convivente con il malato che sia fidato e personalmente conosciuto» (indicazioni diocesano per la comunione ad anziani e i malati, 4 dicembre 2020).
Sacramento della Penitenza
Il sacramento della Riconciliazione è il luogo in cui il desiderio umano di misericordia e di verità trova il proprio compimento: «Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera» (canone 1422).
Quello che rende ogni confessione una fonte di gioia e riconoscenza è l’incontro con lo sguardo d’amore di Gesù.
Il sacramento della Penitenza e Riconciliazione è il sacramento che ci riconcilia con Dio e con i fratelli attraverso il perdono di Dio e della Chiesa
Il sacramento è la via ordinaria per ottenere il perdono e la remissione dei nostri peccati gravi commessi dopo il battesimo ed è allo stesso tempo cammino di grazia e di conversione, speciale incontro con l’amore di Dio.
I vari nomi con cui viene chiamato sottolineano aspetti diversi:
- sacramento della Conversione perché ci impegna e ci sostiene nella conversione a Gesù;
- sacramento della Penitenza perché accompagna un cammino di pentimento per i propri peccati e di promessa di bene;
- sacramento della Confessione perché confessiamo i nostri peccati:
- sacramento del Perdono perché riceviamo il perdono di Dio e della Chiesa;
- sacramento della Riconciliazione perché ci dona una vita riconciliata con Dio e con i fratelli.
La celebrazione del sacramento inizia già quando ci si pone davanti a Dio nella verità, per riflettere sulle proprie debolezze e i propri peccati, sentendo il bisogno di riconciliarsi pienamente con lui e con la comunità.
L’esame di coscienza è guardare la nostra vita con lo sguardo di Dio, che insieme è sguardo di verità e di misericordia.
Come prima cosa è necessario domandarsi se ci si accosta al sacramento della Penitenza per un sincero desiderio di purificazione, di conversione, di rinnovamento di vita e di più intima amicizia con Dio, o se ci si accosta per abitudine, per devozione, oppure se lo si considera un peso al quale si accosta con fatica.
Oltre al dolore per i peccati commessi e alla penitenza vissuta come segno di una vita nuova, la confessione (o “accusa”) dei peccati è uno degli atti decisivi che il penitente deve vivere all’interno della celebrazione del sacramento della Riconciliazione.
Anche da un punto di vista semplicemente umano, riconoscere esplicitamente il male commesso ci libera e facilita la nostra riconciliazione con Dio e con gli altri.
In questo atto, il penitente guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.
Le indulgenze
I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l’equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Questo porta a distinguere la colpa dalla pena, ossia dalle conseguenze create dal peccato.
Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, per la verità con un linguaggio per esperti, afferma che «le indulgenze sono la remissione davanti a Dio della pena temporale meritata per i peccati, già perdonati quanto alla colpa, che il fedele, a determinate condizioni, acquista, per sé stesso o per i defunti mediante il ministero della Chiesa, la quale, come dispensatrice della redenzione, distribuisce il tesoro dei meriti di Cristo e dei Santi». Dunque, anche dopo che la colpa dei peccati è stata perdonata mediante l’assoluzione, resta da rimettere la «pena temporale».
L’espressione «pena temporale» può far pensare a un castigo che Dio ha inflitto al peccatore per il male commesso. Con pena temporale, però, s’intende «l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri» (Misericordiae vultus, n. 22). Ossia, il disordine, le contraddizioni, il dissesto che i comportamenti errati lasciano in noi, influendo anche sugli altri: abitudini cattive, disordine degli affetti, debolezza della volontà, inclinazione a ricadere nel peccato… Spesso, queste impronte negative si aggrovigliano, creando situazioni intricate e pesanti.
Questa «impronta negativa», per quanto possibile, va in un certo senso «riparata», grazie a un cammino di conversione, che proprio la gratuità del perdono ricevuto esige, giacché, pur riconciliati con Dio e la Chiesa, è necessario fare i conti con le situazioni concrete per ricostruirsi nell’amore.
Oltre che con la preghiera, l’elemosina e il digiuno, il percorso penitenziale si esprime nella paziente sopportazione delle prove della vita.
Un autentico cammino di conversione all’amore è dato anche dal rimanere nelle prove senza lasciarsi schiacciare dalla disperazione; dal restare aggrappati a quel Dio che non ci manda i mali, ma che dal male vuole liberarci; dal rimanere nelle prove, affidandoci al mistero di Dio per trovare nell’affidamento a lui le risorse per “resistere”.
L’Indulgenza è uno dei modi attraverso cui la Chiesa si fa carico di sostenere la nostra debolezza, affinché ci sia dato di realizzare una conversione profonda ed efficace, eliminando anche «l’impronta negativa» che i peccati – nostri o altrui – hanno lasciato nel mondo.
Quando si parla di «tesoro della Chiesa», ci si riferisce alla comunione d’amore, alla comunione dei santi, nella quale siamo introdotti grazie alla preghiera per ottenere l’indulgenza.
Per ricevere l’indulgenza plenaria si richiedono: una disposizione di distacco affettivo da qualsiasi peccato, anche veniale; l’attuazione di un’opera indulgenziata; il soddisfacimento, anche in giorni diversi, di tre condizioni: il sacramento della Riconciliazione, la partecipazione all’ Eucaristia e la preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre.
La Confessione, vissuta con il cuore sinceramente distaccato da qualsiasi peccato, spinge l’uomo ad avvicinarsi a Dio e a lasciare che Dio si avvicini a lui.
La celebrazione dell’Eucaristia, con la comunione sacramentale, sottolinea la dimensione ecclesiale dell’indulgenza.
La preghiera secondo le intenzioni del Papa ricorda come la comunione non sia genericamente spirituale, ma debba essere concreta comunione con la madre Chiesa.
Le indulgenze, plenarie e parziali, possono essere applicate ai defunti a modo di suffragio.
La pratica delle indulgenze non pregiudica il valore di altre modalità di purificazione, come anzitutto la santa Messa e l’offerta della propria sofferenza. Costituisce anzi un incoraggiamento a compiere opere buone a vantaggio di tutti.