Don Giovanni Momigli

Saluto all’Assemblea elettiva Confcooperative Toscana

Costruttori di bene comune. La cooperazione e una cosa seria

Un cordiale saluto, a nome dell’Arcivescovo, Cardinale Giuseppe Betori, a tutti coloro partecipano a questa Assemblea elettiva, in presenza nella sede regionale di Confcooperative e in collegamento.

Stiamo viviamo un tempo di forti e multiformi difficoltà sociali ed economiche, che coinvolge ogni ambito e, quindi, anche la cooperazione.

Sono certo che la relazione introduttiva e gli interventi che seguiranno, daranno a tutti noi un quadro più puntuale della situazione sociale ed economica, anche della Toscana, e quali sono le problematiche e le sfide specifiche della cooperazione.

Al di là delle problematiche generali e di quelle che i singoli comparti e territori sono chiamati ad affrontare, nella fase storica che stiamo vivendo c’è bisogno di donne e uomini ben radicati nella realtà e ma con una visione alta della vita e della società.

C’è bisogno di donne e uomini con responsabilità, creatività e coraggio, che con il loro «gesti personali e sociali, concreti, visibili e utili», divengono costruttori di bene comune, dando «carne e concretezza» ai valori umani e cristiani proclamati dalla Dottrina Sociale (cfr Discorso di Papa Francesco ai rappresentanti della Confederazione delle Cooperative Italiane, il 16 marzo 2019).

Il Covid-19 ci ha fermato. Soprattutto ha cambiando gli scenari, Per questo mi sembra assai riduttivo, come appare da non poche voci nell’attuale dibattito pubblico, parlare di ripartenza intendendo solo il rimettersi in moto continuando sulla stessa strada e pensando con la stessa testa.

Oltre a non tenere in considerazione che sono diversi i contesti, le possibilità e le prospettive, pensare con la testa di ieri diviene un ostacolo al cambiamento e blocca nell’ambito di un modello di sviluppo che, già prima della pandemia, manifestava la necessità di un superamento per i suoi forti limiti e contraddizioni, a partire dalle notevoli disuguaglianze e dall’incapacità di garantire una positiva tenuta sociale, sul piano globale e su quello locale.

Occorre si ripartire, ma nel senso di ricominciare da capo e su basi diverse, per avere meno diseguaglianze, diverse gerarchie di valori e scale di priorità e un’attenzione maggiore all’interesse della comunità.

Ripartire non vuol dire solo ricominciare, ma, come ci insegna l’etimologia, fare le parti, suddividere. Iniziando con il dividere in maniera diversa problemi, rischi e opportunità.

Il post-pandemia ci chiede una nuova capacità di pensiero e di azione, ci chiede nuovi paradigmi e una nuova attenzione alla concretezza del contesto in cui operiamo, sapendo che solo a partire dal locale sarà possibile contribuire anche alla trasformazioni più globali.

Come ricorda Evangelii gaudium: «Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra» (n° 234).

In un contesto fortemente interconnesso, è certamente necessario assumere una visone globale, ma l’azione quotidiana va declinata nella concretezza del locale, con un grande sforzo di ripensamento e di coraggio, investendo su formazione, innovazione, protagonismo imprenditoriale e comunitario.

Cambiando i piedi del locale, attraverso un protagonismo nuovo delle comunità, delle diverse formazioni sociali e realtà economiche, le dinamiche globali non potranno non cambiare segno.

La pandemia ha riproposto con forza un’emergenza già presente, ma largamente trascurata: costruire comunità; scommettere sull’interazione tra persone, esperienze, territori, anche nel disegnare la struttura sociale ed economica.

La vitalità, che perdura nel tempo, della generativa e articolata esperienza cooperativistica di Levigliani, ci dice che i problemi si affrontano insieme, partendo dalla problematicità e potenzialità del territorio, e ci dice pure che la grande lezione della storia consiste nella capacità di distinguere quanto appartiene a una specifica circostanza o un particolare momento storico, da quanto è valore permanente e generatore di sviluppi futuri.

L’esperienza di Levigliani testimonia che le grandi visioni e i grandi progetti, si incarnato in quelle piccole ma significative esperienze che rendono costruttori di bene comune e, quindi, costruttori di futuro.

Lo stesso video che abbiamo visto, realizzato artigianalmente da un’Impresa Cooperativa Scolastica di diciassettenni, ci dice che i valori che hanno dato vita al movimento cooperativo sono declinabili nell’oggi, consapevoli che, come dice il sottotitolo di questo incontro, «la cooperazione è una cosa seria» e che può rappresentare valore aggiunto anche in questa fase particolare della nostra storia.

Sono certo che, nutrendovi della forza valoriale e propulsiva che si trova nelle vostre radici, come movimento cooperativo saprete affrontare le sfide dell’oggi partendo dai bisogni e dalle opportunità del territorio, delle comunità locali.

Don Momigli

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