Don Giovanni Momigli

Saluto alla Celebrazione per il 60° anniversario di fondazione della Federazione Toscana delle BCC

Saluto alla Celebrazione per il 60° anniversario di fondazione della Federazione Toscana delle BCC -Firenze – Camera di Commercio, 18 dicembre 2019

Un cordiale saluto, a nome dell’Arcivescovo, Cardinale Giuseppe Betori: ai Dirigenti, ai Soci e alle Autorità qui presenti per la celebrazione del Sessantesimo della Federazione Toscana delle Banche di Credito Cooperativo.

Le Banche di Credito Cooperativo rappresentano una significativa realtà per i principi e i valori che ne hanno ispirato la nascita e che sempre debbono sostenerla, come la mutualità e la solidarietà, e per il loro peculiare apporto al sostegno e allo sviluppo delle comunità locali.

Il titolo che avete scelto, “La Cooperazione di credito oggi: tra tradizione e sfide del futuro”, è di forte attualità ed esige approfondimenti interdisciplinari.

Non entro negli aspetti tecnici, perché la Chiesa non ha competenza in merito, mi limito a rilevare che le questioni economico finanziarie, e anche gli assetti del sistema bancario, necessitano di un dibattito di spessore elevato, capace di colmare l’attuale carenza di pensiero e di favorire nuove prospettive, anche nella prassi, una progressiva umanizzazione del mondo

Le nostre società non funzionano e non vivono soltanto o prima di tutto grazie a questo o quel progetto o programma di riforma socio-economica e strutturale, ma esprimono il meglio delle loro “energie” quando possono appoggiarsi su un grado elevato di fiducia dei concittadini, gli uni rispetto agli altri e di tutti rispetto a ciascuno.

Per affrontare con determinazione l’attuale crisi di fiducia, di collaborazione e di progettualità ed evitare la paralisi che questa crisi è in grado di provocare, a mio avviso, occorre: rimettere al centro la persona, ricordarsi che «la realtà è superiore all’idea» (Evangelii gaudium, 233), superare l’appiattimento sul presente, ricostruire comunità.

Fino a quando una persona – e questo vale anche per famiglie e imprese – anziché con un volto e una storia, viene vista come una categoria astratta o ideologica, una percentuale statistica o di sondaggio, un numero da inserire in rigidi anonimi indicatori, è un’illusione pensare di poter rimuovere gli ostacoli e superare le resistenze che impediscono l’interazione necessaria per ricostruire un sentimento di fiducia diffuso, necessario per proiettarsi in avanti con positiva determinazione.

Gli schemi e le idee, troppo spesso, divengono “idoli mentali”, che impediscono una corretta lettura della realtà e che prevaricano sulle persone e sulle situazioni. Penso che ogni idea e ogni schema andrebbe in un certo senso “validato” in rapporto al suo essere o meno a servizio della persona e del bene comune, colti nella loro concretezza storica.

Solo riscoprendo il volto e costruendo percorsi di interazione, si possono aprire e ampliare i necessari spazi di dialogo, di incontro e di confronto, tenendo conto del contesto concreto e delle dinamiche che le persone effettivamente vivono.

L’appiattimento sul presente rende incapaci di cogliere i segni che dicono che il mondo da cui proveniamo è finito e che stiamo vivendo un «cambiamento d’epoca, segnato da una complessiva “crisi antropologica” e “socio- ambientale”» (Veritatis gaudium, 3). Guardare solo al presente, inoltre, incattivisce, producendo una competitività selvaggia e alimentando la cultura dell’accusa e del conflitto. In ambito familiare, sociale e politico, come sperimentiamo ogni giorno, le parole sono sempre più gridate e l’attenzione sembra focalizzata solo nella ricerca di responsabilità sempre e solo fuori di noi, senza lo sforzo per proposte concrete e proiettate nel tempo.

Centralità della persona, primato della realtà sull’idea, superamento di un “presentismo” sempre più nocivo,  possono contribuire a quella che a me pare una rivoluzione possibile e necessaria: ricostruire il tessuto relazionale e il senso della comunità, tenendo conto delle caratteristiche di questo nostro tempo.

In un contesto come quello attuale, radicalmente diverso da quello nel quale sono nate e cresciute le Banche di Credito Cooperativo, l’attenzione e il sostegno alla comunità locale appare ancora essenziale. Attenzione alla comunità locale, non vuol dire localismo, ma contribuire a rendere il territorio di riferimento sempre più competitivo nel conteso globale attraverso una positiva sinergia fra i vari soggetti.

In un contesto fortemente interconnesso, il sistema delle BCC deve necessariamente assumere una visone globale, interagendo con l’intero sistema bancario, ma deve pure saper declinare nella concretezza del locale la sua azione quotidiana. Come ricorda Evangelii gaudium: «Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra» (n° 234).

Le Banche di Credito Cooperativo, anche in questo nuovo scenario,  possono dare un contributo specifico, affrontando le sfide del futuro coniugandole dinamicamente con la ricchezza della propria tradizione, ricordando – come ha detto il compositore austriaco Gustav Mahler, che «tradizione è conservare il fuoco, non adorare le ceneri».

Penso che, utilizzando la legna data dalle caratteristiche e dalle sfide di questo nostro tempo, il fuoco che come BCC siete chiamati a conservare, sia proprio la centralità della persona e il bene comune, declinato nella concretezza della comunità locale.

Buon lavoro!

Don Momigli

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