Don Giovanni Momigli

Pensare alla Firenze di Domani – settembre 2022

Inerveneto per il volume FIRENZE DOMANI – Mandragora – Promosso da: Fondazione CRFirenze e Confindustria Firenze

Per compiere scelte oggi, pensando alla Firenze di domani, bisogna anzitutto riferirsi a un territorio ben più vasto degli attuali confini comunali.

Senza una visione ampia, non è certamente pensabile una città con buone infrastrutture, con più funzionalità e tecnologica, attenta alla rigenerazione urbana, alla sostenibilità ambientale e alla coesione sociale.

Non possono certamente essere rimessi al centro l’intrapresa e il lavoro, sostenendo quanto serve per un’economia reale vivace e capace di rigenerarsi, senza riferirsi a un territorio vasto, in mancanza degli investimenti e dell’innovazione necessari, continuando a privilegiare la finanza e la rendita.

In ogni ambito, va comunque tenuta presente la necessità, che è anche una sfida, di recuperare la dimensione umana.

La pandemia ha dolorosamente messo in luce sfide e carenze strutturali e procedurali già presenti; ha reso evidente che in ogni scelta e in ogni azione in gioco c’è sempre la persona; ha fatto emergere con forza quella che, a mio avviso, era già l’emergenza delle emergenze: rifare il tessuto relazionale e sociale e ricostruire un orizzonte condiviso.

È necessario scommettere sulla relazione e sull’interazione tra persone, esperienze, funzioni, territori. E in questa logica ripensare anche l’abitare, il trasporto, i servizi, i giardini, i terrazzi, le piazze.

Sono le differenze a fare la differenza e a rendere la città ricca e feconda.

Una città che teme la diversità, dove ognuno si chiude in una difesa a oltranza di abitudini, modelli e stili di vita e di lavoro, è una città incapace di coltivare l’equilibrio fra residenza, attività economica e spazi comuni e che inibisce le proprie capacità di futuro.

L’incontro e la sinergia fra diversità è qualcosa di profondamente altro del semplice aggregare le differenze. Significa mettere insieme saperi, ruoli e competenze, in una multidisciplinarietà che consente di avanzare anche in un comune sentire.

La qualità della vita delle persone e dell’intero contesto sociale tendenzialmente migliora quando le relazioni interpersonali vengono curate e sviluppate e, con esse e tramite esse, il tessuto connettivo della stessa città. I legami che i cittadini e le varie formazioni sociali costruiscono fra loro e l’interazione sociale che da questi deriva, hanno una forte ripercussione sul comune sentire e sulla vita delle persone, delle famiglie e dell’intero corpo sociale.

Per questo, ad esempio, puntare alla cosiddetta città intelligente non basta. C’è bisogno di una città sensata, capace di ottimizzazione, certo, ma anche capace di virtuose dinamiche relazionali interpersonali e sociali. Una città in grado di creare nuovi contesti, nuovi spazi pubblici diffusi di scala medio/piccola. Una città che favorisce e valorizza la narrazione, personale e collettiva, e che investe sulla coesione e sulla fiducia, fra le istituzioni e fra istituzioni e cittadini, per far crescere nuove visioni, nuove prassi, nuova responsabilità civica.

Per queste, e per molte altre ragioni, ritengo che la Firenze di domani debba essere pensata assumendo l’interazione e la narrazione come orientamento e come modalità operativa.

L’interazione e la narrazione sono le chiavi per una città inclusiva, per moltiplicare le opportunità e per affrontare in modo più organico e concreto anche la questione dell’integrazione fra persone che hanno storie e culture diverse.

L’interazione, ad esempio, presuppone che il primo atto di accoglienza di rifugiati e migranti, per non trasformarsi in un semplice permettere presenze, deve necessariamente prevedere un processo di coinvolgimento graduale, che coinvolge sia le persone che arrivano che la popolazione residente. Un processo che non può svolgersi ovunque con le stesse modalità, ma in modo differenziato, in relazione alla diversità dei contesti e delle situazioni.

Su questo fronte, la città, intesa in senso territorialmente ampio, può fare molto di più di quanto sta facendo, non tanto e solo in termini quantitativi, ma essenzialmente sul piano qualitativo, proprio scommettendo sull’interazione intesa non come dato, ma come processo.

La città domanda interazione e narrazione: ha bisogno della sinergia fra esperienze e visioni diverse per costruire concretamente il suo futuro e importanti legami di solidarietà.

Si tratta di una scommessa e di una sfida che la città deve lanciare a sé stessa, per attivare tutte le energie e orientarle alla promozione del benessere generale, in una fruttuosa interazione fra interessi specifici e bene comune, fra la libertà della persona e la responsabilità collettiva.

 

TESTO Pensare alla Firenze Domani

 

Don Momigli

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