Mercoledì delle Ceneri (Gl 2,12-18 Sal 50 2Cor 5,20-6,2 Mt 6,1-6.16-18)
«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 6,2). Questa affermazione dell’Apostolo Paolo ci aiuta ad entrare nello spirito del tempo quaresimale, dove risuona una forte e prolungata chiamata alla conversione: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20).
La Quaresima è un tempo in cui siamo chiamati a far cadere le maschere che indossiamo ogni giorno, per apparire perfetti agli occhi del mondo; a lottare contro le falsità e l’ipocrisia, iniziando dalle falsità e dall’ipocrisia che viviamo noi stessi.
Il rito delle ceneri, con il quale iniziamo il cammino che ci conduce alla Pasqua di risurrezione, ci ricorda la verità fondamentale della vita: siamo fragili e precari, polvere e cenere.
Senza Dio non siamo nulla. Esistiamo perché Dio ha soffiato il respiro della vita in noi «plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita» (Gen 2,7).
Da questa verità nasce l’esigenza di un cambiamento vero e profondo, che nella Bibbia prende il nome di “conversione”.
Nel linguaggio comune, parlare di conversione spesso significa cambiare religione (si è convertito all’Islam) o aderire a una religione se prima non si aderiva a nessuna.
La conversione di cui ci parla la Scrittura e che risuona anche in questa celebrazione, riguarda i credenti, o che si dicono o si ritengono tali, chiamati ad abbandonare ogni immagine di Dio che si sono costruiti per orientarsi verso il creatore e Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
In un clima culturale fortemente segnato dall’individualismo, da visioni corte e particolaristiche, convertirsi può anche voler dire riscoprire che la dimensione cattolica, universale, della fede. La cattolicità e la relazionalità della fede cristiana, per sua natura non tollera il riduzionismo individualista e particolarista.
Nel linguaggio biblico, come emerge chiaramente dalla prima lettura tratta dal libro del profeta Gioèle, convertirsi significa prima di tutto ritornare: ritornare a Dio, invertire la rotta, rimettere Dio al primo posto nella vita, ritornare all’essenziale.
Per ritornare a Dio, più che delle piccole o grandi rinunce, occorre correggere qualcosa nella propria vita, nel proprio modo di pensare, di agire e di vivere le relazioni con gli altri.
Lasciarsi riconciliare con Dio, come afferma Paolo, significa aprirsi alla relazione con lui che ci viene incontro: la conversione è frutto dalla bellezza dell’incontro con Dio.
Il brano del Vangelo ci porta a riflettere non tanto sulla necessità delle pratiche di devozione e le opere di misericordia, quanto sulle intenzioni che spingono a compierle, facendo capire che è proprio l’intenzione che fa la differenza.
Chi agisce per essere lodato dalla gente ha già ottenuto il suo premio, ma chi opera in maniera discreta si affida alla generosità divina che va ben oltre le nostre aspettative e sicuramente oltre ogni nostro merito.
La cultura dell’apparenza, oggi dominante, rappresenta un grande inganno: induce a vivere per le cose che passano e a vivere anche le cose serie con lo spirito dell’effimero.
Nel suo messaggio per la Quaresima, Papa Francesco ci invita a «camminare insieme nella speranza, e scoprire gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come persone e come comunità».
Camminare insieme è sempre importante. Ma per camminare nella speranza non basta camminare insieme: occorre condividere la stessa meta.
Nel cammino quaresimale che stiamo iniziando possiamo dar vita a tante cose e fare buoni propositi, ma per avere senso e sostanza tutto deve essere illuminato e valutato alla luce della meta: la Pasqua del Signore, crocifisso e risorto.