Don Giovanni Momigli

Omelia Epifania del Signore 6 gennaio 2024

Solennità dell’Epifania del Signore: Is 60,1-6   Sal 71   Ef 3,2-3.5-6   Mt 2,1-12

Con la solennità dell’Epifania del Signore si conclude il Tempo liturgico di Natale. Già da domani, Festa del Battesimo di Gesù, siamo chiamati a seguire il Signore nella ferialità della vita quotidiana, per renderla feconda e piena di senso.

Le celebrazioni natalizie si sono svolte in un mondo sempre meno cristiano. Nella nostra cultura secolarizzata e consumista, della fede cristiana e del Natale di Gesù Cristo ci sono sempre meno tracce e molte di quelle che permangono sono ormai fuorvianti o sterili.

Quest’anno, inoltre, i canti natalizi, la gioia e l’annuncio di pace del Natale, in molte parti della terra sono stati drammaticamente accompagnati dal fragore delle armi, dal pianto dei bambini, dalle sofferenze dei profughi, dal lamento dei poveri, dall’incertezza di chi non ha casa o lavoro.

In un periodo particolarmente complesso e pieno di situazioni drammatiche, come quello che stiamo vivendo, può apparire particolarmente difficile accogliere Gesù e il suo vangelo.

Dobbiamo, però, ricordare che il mondo non è mai stato ospitale con Gesù e che, fin dal suo nascere, la sua accoglienza e il suo rifiuto sono sempre avvenuti in un clima ostile o, comunque, di indifferenza generale.

Un clima di indifferenza che noi stessi, oggi, contribuiamo ad alimentare quando il nostro orizzonte religioso si limita ai riti, agli abituali appuntamenti religiosi, alla commemorazione di eventi tutti nostri.

Quest’atteggiamento, ricercato pensando all’appagamento nostro e del nostro gruppo, non comunica significatività: non nasce da un profondo desiderio di ricerca e non lo produce; non è accompagnato da nessuna messa in discussione di noi stessi e da nessuna effettiva revisione di vita.

La resistenza alla ricerca della verità e al cambiamento, appaiono anche nelle normali azioni quotidiane, come, ad esempio, quando scegliamo un giornale o un programma di informazione: di solito tendiamo a preferire quelli che pensiamo possano confermare le nostre idee e la nostra visione sul mondo e sulle cose.

Cercare è un’esperienza esigente e rischiosa: quel che troviamo può buttare all’aria schemi e consuetudini. Ecco perché, spesso, più che cercare Dio, ci accontentiamo dei nostri riti e delle nostre abitudini religiose e facciamo di tutto per mantenerle inalterate.

I vangeli narrano che i primi a incontrare e adorare il bambino Gesù sono i pastori e i Magi, che nella notte hanno saputo vedere una luce, cogliere un messaggio e mettersi in movimento: persone estranee alla mentalità, ai riti, ai luoghi e agli appuntamenti abituali della religiosità ebraica del tempo.

Il percorso dei Magi, e che siamo chiamati a compiere, non è per quelli che vogliono sapere e programmare dettagliatamente tutto prima di mettersi in viaggio: è un percorso avvolto nel mistero e mosso e accompagnato da una luce che ha acceso un profondo desiderio; un percorso che non nasce da una voglia passeggera o da un’emozione superficiale.

I Magi, personaggi che l’evangelista lascia nel vago, si sono messi in cammino, affrontando i disagi e i rischi di ogni viaggiatore di quell’epoca, mossi dalle domande che si portano dentro, che hanno attivato la loro ricerca e motivato il loro andare.

Domande sempre necessarie per animare ogni cammino di fede, per tenere desta la riflessione e la preghiera. Domande altrettanto necessarie per saper riconoscere quello che cerchiamo nell’umiltà di un bambino nato in un luogo periferico.

L’Epifania ci ricorda che ogni nostra notte, come la notte che sembra avvolgere questo nostro mondo, non è priva di stelle, ma per vederle occorre alzare lo sguardo, lasciare le presunte sicurezze e rischiare il cammino nell’oscurità, quando ancora le cose non sono ben chiare.

E occorre pure l’umiltà di farci aiutare e il coraggio di chiedere, anche se chiedere è rischioso. Gli stessi Magi hanno fatto domande alle persone sbagliate, ma è anche attraverso l’incontro con queste persone che poi arrivano a Gesù.

Il brano del Vangelo ci mostra chiaramente che le persone sbagliate, come quelle incontrate dai Magi, sono persone incapaci di cercare.

Erode è descritto come una persona chiusa nelle sue sicurezze, che manipola gli altri per poterle mantenere. Neppure gli scribi e i sacerdoti, che pur conoscono le Scritture, si attivano per vivere un’esperienza personale. Questo ci dice che non basta conoscere in profondità la Scrittura, per lasciarsi coinvolgere e guidare nella ricerca personale e autentica di Dio.

Trovato Gesù il cammino continua. Come avvenuto per i Magi, la strada che ci è stata utile per trovarlo la prima volta non è detto sia sempre quella adatta nelle diverse fasi della vita.

Per questo oggi, nella gioia del Natale, la liturgia della Chiesa ci invita a guardare avanti, al centro dell’esperienza cristiana, offrendoci l’annuncio della Pasqua, dalla quale “discendono tutti i giorni santi”.

Don Momigli

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