Pasqua di Risurrezione: At 10,34a.37-43 Sal 117 Col 3,1-4 Gv 20,1-9
Tutti condividiamo un comune destino. Ma non esiste un futuro già scritto, né sul piano personale né sul piano collettivo. I futuri possibili sono diversi e non scontati, ma tutti sono radicati in quello che siamo, nel presente delle nostre scelte e della nostra operosità e nell’orizzonte che diamo alla nostra vita.
È necessario scegliere e operare, sapendo che il solo fare non è sufficiente. Bisogna anche avere una meta, una prospettiva, e uno sguardo attento alla realtà, a quanto si muove dentro di noi e attorno a noi. E bisogna anche pensare, amare e credere.
Pensare, amare e credere è sempre necessario, ma soprattutto quando la morte entra prepotentemente nella nostra vita, pretende di occupare tutti gli spazi e di avvelenare il nostro cuore.
Molte situazioni, e non solo la perdita di una persona amata, portano il segno della morte. E noi, spesso, ci comportiamo come se non ci fosse più nessuna possibilità di vita.
Basta pensare, ad esempio, a quando viviamo la morte della relazione, perché ci sentiamo falliti, rifiutati, traditi; quando viviamo la morte del futuro, perché abbiamo perso la speranza che le cose possano cambiare; quando sperimentiamo la morte della nostra immagine, perché registriamo il fallimento dei nostri progetti.
«Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro» (Gv 20,1). La tomba vuota non è una risposta, ma pone domande: è una spinta a cercare, a mettersi in movimento, ricominciare, perché la speranza ha sostituito il peso della morte.
Nella notte di Pasqua è successo qualcosa su cui subito si sviluppano ipotesi e interpretazioni. Maria Maddalena parla di uno spostamento del corpo, forse un furto sacrilego. Pietro sembra sospendere il giudizio, ancora confuso e incerto su quanto accaduto. Giovanni, invece, vede e crede, forse in modo non ancora pieno, ma sicuramente orientato nella giusta direzione.
Nel suo recente libro, “La tecnologia e la religione”, Chiara Valerio, racconta che suo nipote di cinque anni, sfogliando un libro, a un certo punto aveva allungato pollice e indice su una figura, per guardare meglio: «li aveva appoggiati sulla pagina e separati come si fa per ingrandire le immagini sullo schermo di uno smartphone». Ma dopo aver ripetuto il gesto senza alcun esito, deluso e frustrato aveva detto: «zia, il libro non funziona» (Einaudi, 2023, p.3).
Quante volte capita anche a noi di scambiare l’immagine con la realtà, perché non guardiamo i fatti. Per non perdersi occorre sempre partire dai fatti, anche se sono pochi indizi, come quelli da cui partono i discepoli: la tomba vuota, i teli e il sudario (Cfr Gv 20,2.6-7).
Segni di morte che aprono alla vita e che fanno scaturire nuovi cammini. La mattina di Pasqua tutti sono in movimento: la Maddalena, Pietro, l’altro discepolo. Ma ognuno ha un suo percorso e i suoi tempi, perché ciascuno è diverso, anche se tutti accumunati da difetti ed errori, dubbi e perplessità.
Come dice Chiara Valerio commentando l’episodio del nipote: «Cambiare l’immagine di una porzione di mondo è più facile che cambiare una porzione di mondo» (ivi p. 4). Cambiare una porzione di mondo, compreso il nostro mondo personale, non è facile e non avviene una volta per tutte, ma si realizza giorno dopo giorno.
In questo scorrere della storia e del tempo, la Pasqua è una speranza vera, che infonde il coraggio e l’energia per affrontare tutto ciò che rende poco dignitosa la vita degli uomini e delle donne di oggi e per costruire un futuro più umano.
Il nostro presente è già abitato dalla presenza del Signore Risorto. Con lui nessuna notte è infinita. Anche nel buio più fitto brilla la stella del mattino.
La luce del Risorto illumini i nostri cuori e le nostre menti, ci trasformi con il suo amore e infonda in noi speranza e coraggio.
Cristo è risorto. Alleluia!