Solennità della Pasqua del Signore – Domenica 20 aprile 2025
Ogni giorno, con strumenti antichi e nuovi, le notizie ci raggiungono. Possiamo interessarci o rimanere indifferenti, ma entrano nella nostra vita, si introducono nei meandri della mente, fanno sorridere e piangere, sono intime o globali.
La maggior parte delle notizie resistono un attimo e poi passano, cedendo il posto a quelle successive. Alcune notizie, però, rimangono perché cambiano la vita e la storia.
Fra tutte le notizie che oggi ci raggiungono, abbiamo certamente bisogno di quella che, dal mattino di Pasqua di oltre duemila anni, risuona in ogni parte del mondo. È una notizia apparentemente dolorosa, ma che innesca un processo di gioia e di vita.
Secondo il racconto di Giovanni, che è stato proclamato, Maria di Magdala è la prima a constatare che il sepolcro è vuoto: «vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro» (Gv20,1).
Da questo momento la notizia inizia una corsa di andata e ritorno, di sguardi incerti, di domande che nascono nella mente e nel cuore, di sentimenti che si sovrappongono.
Maria era andata per piangere il Maestro morto, e resta talmente stupita dal vedere il sepolcro aperto al punto da supporre che qualcuno abbia trafugato il cadavere: «Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!» (Gv 20,2).
Pietro e l’altro discepolo, coinvolti da Maria di Magdala, corrono a vedere e trovano un ambiente ben ordinato, che non supporta l’ipotesi di trafugamento: «i teli posati là, e il sudario […] avvolto in un luogo a parte» (Gv 20,6-7).
Pietro entra nel sepolcro, vede i teli per terra, il sudario piegato a parte e rimane stupito. L’altro discepolo, quello che Gesù amava, dopo essere entrato con Pietro «vide e credette» (Gv 20, 9).
Per “vedere” il fatto in tutta la sua portata occorre che il cuore sia aperto ad accogliere l’intero disegno di Dio.
Nessuno si attendeva di trovare vuoto il sepolcro che aveva accolto il corpo del crocifisso. Nonostante le ripetute affermazioni di Gesù, nessuno si aspettava quello che è avvenuto: Colui che è stato crocifisso, «Dio lo ha risuscitato al terzo giorno» (At 10, 40).
Come osserva l’evangelista, per capire i segni della risurrezione occorre leggerli alla luce della parola di Dio: «non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti» (Gv 20,9).
Il Risorto ci precede e ci accompagna per le strade del mondo. È Lui la nostra forza e la nostra speranza.
Vivere la Pasqua significa essere, qui e oggi, donne e uomini della risurrezione: significa avere il coraggio di difendere la dignità di ogni vita, di non temere la notte che incombe, restando fermi e intimoriti, chiusi nei nostri cenacoli.
Celebrando la Pasqua – che quest’anno viene celebrata in una sola data dalle varie tradizioni cristiane – si rinnova il nostro sguardo: si diviene capaci di riconoscere i segni di risurrezione, anche in uno scenario di crescente preoccupazione e di morte come quello in cui ci troviamo: le guerre proseguono senza tregua, spargendo distruzione e sangue; la situazione economica internazionale è segnata dall’incertezza e dall’aumento delle disuguaglianze; i rapporti interpersonali faccia a faccia sono sempre più sostituiti dalla mediazione della tecnologia e degli schermi, che favoriscono il rintanamento nell’anonimato e la proliferazione delle fake news.
La Pasqua di Cristo non ci rinnova solo lo sguardo, ma ci rende come “fiaccole accese nella notte”, protagonisti di segni di vita e di speranza, spingendoci a scelte audaci e a condividere i talenti che Dio ci ha affidato per il bene di tutti.
«Cercare le cose di lassù» (Col 3,1), in quanto risorti con Cristo, come ci invita a fare l’apostolo Paolo nella seconda lettura, non ci porta ad estraniarci dal mondo, ma ci spinge ad abitarlo con quella riserva d’amore che scaturisce proprio dalle cose di lassù, perché tutti lo possano abitare con dignità.
Cristo risorto è la nostra forza e la nostra speranza!