Decima domenica Tempo Ordinario – Anno B (Gen 3,9-15 Sal 129 2Cor 4,13-5,1 Mc 3,20-35)
Per cogliere il messaggio di fondo di questa domenica, dobbiamo partire dalla domanda che Dio rivolge all’uomo, riportata nella prima lettura: «Dove sei?» (Gen 3,9).
È la domanda di senso che ci interpella come singoli, come comunità, come Chiesa: dal riconoscere ciò che siamo e di dove esistenzialmente ci troviamo, dipende il modo con cui abitiamo il mondo, la qualità delle nostre relazioni, l’apertura alla novità e alla trascendenza, il nostro rapporto con Gesù Cristo.
Questa domanda, che Dio pone ad ogni persona, è anche occasione per avviare un ripensamento, per intraprendere la via del cambiamento e della riconciliazione. Se di fronte a Dio che ci cerca e ci interpella, anche attraverso i fratelli e le sorelle che incontriamo sul nostro cammino, chiudiamo mente e cuore, prendiamo l’illusoria via del nascondimento.
La conseguenza di ogni nostra chiusura è quella di difendersi accusando: l’uomo accusa la donna e la donna il serpente. Il risultato finale è che le relazioni saltano, che non sono possibili vere amicizie e neppure un autentico rapporto con la realtà, con noi stessi, con gli altri e con Dio.
Nel brano del vangelo di oggi, gli scribi venuti da Gerusalemme, cercano di delegittimare Gesù per difendersi dalla scomoda novità che lui rappresenta: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni» (Mc 3,22).
L’attività di Gesù e il suo modo di comportarsi, che esce dagli schemi e dai modelli comuni, mette in allarme anche i suoi familiari, che vogliono riportarlo a casa dicendo: «È fuori di sé».» (Mc 3,21).
Gesù è un uomo libero. Obbediente solo al Padre e non ha bisogno di compiacere nessuno. E questo lo ha portato ad essere visto come una figura eccentrica.
La storia è piena di persone che sono state considerate eccentriche, addirittura pazze, che si sono rivelate dei geni nei vari ambiti della vita: dalla letteratura all’arte, dalla fede alla scienza. Senza queste persone il mondo sarebbe più povero di riflessione, di poesia, di tecnica, di spiritualità e di bellezza.
È la storia di sempre. Quando una persona dimostra doti non comuni, quando è troppo avanti e non si riesce a stargli al passo o a tenergli testa, la via più semplice è la denigrazione, la calunnia, la persecuzione.
La delegittimazione dell’avversario è cronaca quotidiana anche ai nostri giorni. Basta seguire un qualsiasi dibattito, che non è mai un vero confronto ma un sovrapporsi di monologhi, dove a ognuno interessa prevalere, più che affrontare con serietà l’argomento portando convincenti argomentazioni di merito.
Gli scribi di cui parla il vangelo di Marco, accusano Gesù cercando di screditarlo. Dato che le sue parole e le sue azioni non sono in linea con il pensiero prevalente e non sono controllabili, oppongono un rifiuto totale: è un indemoniato; è l’incarnazione del male.
Di fronte a quest’accusa Gesù reagisce con parole forti e chiare, proponendo la parabola del regno diviso in sé stesso e quella dell’uomo forte a guardia della sua casa.
Questi scribi, forse senza accorgersene, stanno cadendo nel peccato più grave: bestemmiano negando consapevolmente l’evidenza. E questo è il peccato contro lo Spirito Santo che Gesù dice essere imperdonabile, proprio perché parte da una consapevole chiusura del cuore alla misericordia di Dio che agisce in Gesù.
Il demonio sembra svolgere un ruolo da protagonista, ma in Gesù e con Gesù viene sconfitto. L’amore di Dio e la novità che Gesù porta anche nelle relazioni, sono più forti del demonio, come dimostrano le parole a chiusura del vangelo di oggi.
I familiari, partiti da casa per venire a prendere Gesù arrivano mentre sta predicando e gli viene detto: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano» (Mc 3,32).
La risposta di Gesù spiazza tutti e apre alla speranza: guardando le persone che stavano intorno a lui per ascoltarlo afferma: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3,33-34).
La vera famiglia di Gesù non è basata sui legami naturali, che il demonio può ferire e dividere, ma sulla fede in lui e sulla disponibilità a fare la volontà di Dio.
Chi accoglie la parola di Gesù è – e non può non sentirsi – figlio di Dio e unito agli altri in un vincolo di vera fraternità. E alla domanda «Dove sei?» (Gen 3,9), senza tentennamenti può rispondere: in comunione con Dio, in comunione con i miei fratelli e le mie sorelle.