Quinta domenica di Quaresima anno C (Is 43,16-21 Sal 125 Fil 3,8-14 Gv 8,1-11)
Le letture di questa domenica ci parlano delle cose nuove e umanamente inspiegabili che vengono da Dio e della speranza che queste novità generano anche nei momenti più critici e nelle situazioni più difficili.
Nelle vicende della storia e nella vita personale, ci sono situazioni che sembrano bloccate, dove non si riesce a vedere alcuna via d’uscita.
In questi frangenti, anziché trovare la forza per tirar fuori tutte le proprie risorse e osare nuovi percorsi, spesso lasciamo che prenda il sopravvento un atteggiamento di rassegnazione e perfino di disperazione.
Tuttavia, l’esperienza, e certamente la fede, ci dice che è sempre possibile l’apertura di uno spiraglio imprevisto, l’affacciarsi di un germoglio che apre la strada a una novità impensata.
Nella prima lettura, tratta dal libro di Isaia, il profeta annuncia al popolo in esilio il ritorno in patria, dicendo che si tratta di qualcosa di ben più grande della «strada del mare» (Is 43,16), aperta dal Signore per Israele al momento dall’uscita dall’Egitto e fa dire al Signore queste parole: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,18-19).
Il profeta invita a uno sguardo positivo su noi stessi e sulla storia: l’agire di Dio crea sempre qualcosa di completamente nuovo, qualcosa che sboccia anche nel deserto arido.
Il Signore fa germogliare la salvezza anche nel mare della violenza e delle miserie del mondo. Una salvezza che può assumere sembianze differenti.
Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, ad esempio, la salvezza è rappresentata da un perdono senza condizioni. Mentre Gesù sta insegnando nel Tempio, «scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio» (Gv 8,3).
Quella che si presenta è una scena che sembra avere un’unica conclusione. Per gli scribi e i farisei, che ben conoscono la legge, la sentenza è già scritta: morte per lapidazione. La donna che portano da Gesù non ha alcuna scusante essendo stata colta sul fatto.
La domanda degli scribi e dei farisei, però, non è posta a Gesù perché a loro interessa la legge e la giustizia: «Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo» (Gv 8,6).
La situazione in cui si trova Gesù sembvra senza via di uascita. Se avesse risposto di non lapidarla, lo avrebbero denunciato come traditore della legge di Dio. Se, invece, avesse risposto di applicare la legge, lapidandola, tutta la sua predicazione avrebbe perduto ogni credibilità.
All’inizio evita di rispondere: «Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra» (Gv 8,6). Ma, di fronte all’incalzare delle domande, si alza e risponde con una sola frase: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» (Gv 8,7). Poi si chinò di nuovo, continuando a scrivere per terra.
Le parole sono chiare, decise. Il peccato non viene minimizzato, ma considerato nella sua oggettiva consistenza. Nessuno può accusarlo di aver addolcito la legge di Dio: non ha giustificato la donna né affermato che la legge non andava rispettata. C’è, però, il problema dell’esecuzione della sentenza.
L’evangelista annota che, dopo l’affermazione di Gesù, «se ne andarono uno per uno, cominciando dai più̀ anziani» (Gv 8,9), ossia quelli più carichi di peccati a causa dell’età.
Quando tutti gli accusatori se ne sono andati, Gesù invita la donna ad andare oltre. «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,10-11).
Perdonare non significa tacere il male, ma tentare una diversa risposta al peccato, offrendo sempre a chi ha sbagliato una nuova opportunità.
La parola di Gesù fa luce e verità nelle storie delle persone, senza mai caricarle di giudizi inappellabili.
Gesù non inchioda mai le persone al loro passato, non le rinchiude in delle etichette e non le riduce al loro peccato: per ciascuno apre un futuro, a volte inatteso.