Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 5 gennaio 2025

Seconda domenica dopo Natale (Sir 24,1-4.12-16   Sal 147   Ef 1,3-6.15-18   Gv 1,1-18)

La liturgia di questa seconda domenica dopo Natale ci ripropone la bellissima e intesa meditazione sull’incarnazione del Verbo, che l’evangelista Giovanni pone come prologo al suo Vangelo, consegnandola come testimonianza e dono per i credenti di tutti i tempi.

L’evangelista parla del Logos, termine che significa parola, verbo, discorso. La traduzione italiana – Verbo – fa emergere uno solo di questi significati, ma dobbiamo tenerli presenti tutti per comprendere il più possibile la ricchezza del brano che Giovanni pone all’inizio del suo Vangelo.

Le parole dell’evangelista ci mostrano la straordinaria avventura del Verbo che si fa carne, diventa un uomo, viene ad abitare in mezzo a noi. Ma ci mostrano pure la straordinaria rigenerazione che ogni donna e ogni uomo può vivere accogliendo questo Verbo fatto uomo: «A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).

Umani per natura, accogliendo il Verbo si diviene figli per grazia. Per indicare questa differenza, chiarire che siamo resi partecipi di una realtà che non ci appartiene, perché la nostra figliolanza divina è frutto e conseguenza del Figlio che si è fatto uomo, l’apostolo Paolo parla di adozione, dicendo che siamo «figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,5).

L’evangelista presenta la Parola nel suo rapporto con Dio, con il creato, con la storia e che, diventata carne, consente agli uomini di vedere Dio faccia a faccia, cominciando dal suo essere deposto nella mangiatoia: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18).

La parola, il verbo, il discorso, indicano la comunicazione tipica dell’essere umano. Nella Bibbia, però, la “parola” è presentata diversamente da come la intendiamo noi: è intesa anche come l’azione con cui esprimiamo noi stessi.

Il termine ebraico – dabar – designa contemporaneamente il dire e il fare, la parola e l’atto. Ecco perché, nelle prime righe della Genesi leggiamo: «Dio disse: Sia la luce! E la luce fu» (Gen 1,3).

Dio crea mediante la parola, quindi la creazione può essere conosciuta e compresa: tutto il creato ci parla di Dio e tutto il creato è conoscibile.  Dio guida la storia mediante la parola, quindi la storia ha una direzione, un senso, un télos.

Noi stessi, ciascuna persona, è parola di Dio: «Dio disse:Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza…E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,26-27).

Ciascuno di noi, ogni donna e ogni uomo, siamo frutto della parola di Dio, e usiamo la parola. Possiamo usarla per il bene, se abbiamo l’umiltà di imparare a parlare, riconoscendo il Verbo, accogliendolo e mettendosi alla sua sequela.

Ogni donna e ogni uomo, con la parola, può dare vita, ma anche morte; può raccontarsi o nascondersi; può far capire, chiarificare, ma anche favorire fraintendimenti e caos.

Con la parola si può essere testimoni della verità, come Giovanni Battista: «Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui» (Gv 1,7). Oppure si può essere strumenti di menzogna e di inganno, velando la verità e presentando noi stessi per quello che non siamo.

Nella parola c’è il potere di dare vita creando fiducia, ma anche di far sprofondare nello smarrimento, seminando sfiducia; c’è il potere di creare comunione e relazione o di distruggere la comunione e minare la relazione.

Facciamo tesoro di quanto l’evangelista ci dice prima della conclusione: le leggi e le norme – come quelle date da Mosè – aiutano a vivere la vita collettiva, a sentirci cittadini con uguali diritti e a vedere in ogni persona un essere umano come noi, ma non salvano. La grazia e la verità che salvano, invece, sono dono di Dio e vengono per mezzo del suo Figlio.

Solo la grazia e la verità del Verbo fatto carne ci conducono a una vita nuova, ci donano il potere di diventare figli di Dio, e ci fanno vedere l’altro come un fratello e una sorella da amare e con cui camminare verso un’umanità più piena e la comunione col Padre.

 

Don Momigli

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