Don Giovanni Momigli

Omelia Domenica 4 agosto 2024

Diciottesima Domenica Tempo Ordinario Anno B (Es 16,2-4.12-15   Sal 77   Ef 4,17.20-24   Gv 6,24-35)

Gesù si allontana dalla folla dopo averla sfamata con «cinque pani d’orzo e due pesci» (Gv 6.9), perché volevano farlo re. Ma la folla non si arrende: «salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù». (Gv 6, 24).

Trovatolo, però, la gente non esprime la verità di quello che c’è nel loro cuore e che ha mosso la loro ricerca, ma si rivolgono a Gesù con una domanda banale e, tutto sommato, inutile: «Rabbì, quando sei venuto qua?» (Gv 6,25).

Spesso anche noi ci poniamo, e poniamo, domande banali e inutili, che non esprimono la verità di quello che realmente abbiamo nel profondo di noi stessi. Così facendo, però, non mettiamo a fuoco la verità della nostra vita e non riusciamo a dare un nome alle nostre inquietudini e alla nostra ricerca.

Quando l’incontro con Gesù non è posto sulle giuste basi, anche per noi può essere deludente e, gradualmente, arrivare a raffreddarsi, come si è raffreddato l’entusiasmo della folla: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (Gv 6,26).

Gesù rimprovera quelli che si sono messi sulle sue tracce non perché hanno creduto ai segni da lui compiuti e alle sue parole, ma solo perché hanno beneficiato del pane dato loro da Gesù.

Come suggerisce il testo del libro dell’Esodo che abbiamo ascoltato, spesso ci accontentiamo di situazioni che ci tengono in una condizione di schiavitù pur di avere qualcosa da “mangiare”. Possono essere le situazioni affettive costruite sull’abitudine o sul ricatto, ma anche quei contesti in cui, pur di avere un po’ di visibilità e di riconoscimento, ci riduciamo ad assumere comportamenti che nel fondo del nostro cuore sentiamo che non sono nostri e che ci risultano pesanti.

Prendere le distanze da queste situazioni, come l’aver abbandonato la pentola con la carne in Egitto, non è semplice: richiede un cammino attraverso il deserto e implica anche passare momenti in cui non c’è nulla da mangiare e si rimpiange la situazione di schiavitù, ma anche di sazietà.

La fame, in certi momenti della vita, diventa un’opportunità di purificazione e di riflessione, ma può essere anche una tentazione a rinunciare alla propria libertà

Tra nutrire la fede, e con essa la libertà, e nutrire la pancia, e con essa i provvisori bisogni che non si riesce mai a saziare, la gente sceglie l’immediato anche se momentaneo, perché il cammino della libertà è sempre aspro e difficile e incontra durezze di ogni tipo, a partire dalla tentatrice voce del figlio che dice al genitore: ma gli altri ragazzi questo lo fanno?

È duro resistere. È duro educare. È duro essere liberi. È duro mantenere la libertà a costo di conflitti e incomprensioni nei confronti delle persone a cui vogliamo bene e da cui vorremmo riconoscimento e consenso.

Quando c’è in gioco la libertà, la dignità e la fede, Gesù non fa sconti. A tutti coloro che vanno da lui, noi compresi, propone un percorso difficoltoso, tanto che la folla che ha seguito le sue tracce per raggiungerlo, piano piano si sfoltisce: più il discorso di Gesù si fa incalzante, più la gente si allontana.

Quando siamo messi di fronte alla verità di noi stessi, che spesso sfuggiamo con domande che non vengono da dentro e sono incapaci di penetrarci dentro, Gesù, con la sua parola e attraverso gli eventi della vita, ci scuote dal nostro grigiore e ci mette a nudo. E, come ha fatto con la folla che lo ha raggiunto perché sfamata, anche a noi domanda: perché mi cercate?

Come la gente di allora, Gesù ci prende per mano, ci conduce sempre più al centro del nostro cuore e con la sua parola ci aiuta a smascherare le domande inutili e le finte ricerche.

La gente che ha raggiunto Gesù chiede segni su segni, ma alla fine torna indietro delusa: gli interessavano i benefici che potevano ottenere da lui, non la sua Persona. È lo stesso rischio che corriamo anche noi.

Se siamo onesti con noi stessi, dobbiamo riconoscere che spesso anche noi, come la folla che è andata da lui, cerchiamo da Gesù un sostegno per sopravvivere più che quella relazione con lui ci dona la vita piena ed eterna: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Gv 6,35). E, allora, va rivista la nostra vita. Compresa la nostra religiosità.

Don Momigli

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