Don Giovanni Momigli

Omelia Domenica 3 novembre 2024

  1. Trentunesima domenica Tempo Ordinario Anno B (Dt 6,2-6   Sal 17   Eb 7,23-28   Mc 12,28-34)

Il brano del vangelo di Marco è l’unico passo di tutto il vangelo in cui Gesù elogia uno scriba al termine di un colloquio: «Non sei lontano dal regno di Dio» (Mc 12,34).

Lo scriba si era rivolto a Gesù con una domanda tipica del mondo rabbinico alla ricerca del senso profondo della Legge, dopo aver assistito alla sua discussione con i sadducei a proposito della risurrezione dei morti.

Probabilmente, aveva notato la forza del suo ragionamento, che si basava sul fatto che Dio, nella Scrittura, è proclamato il Dio dei viventi, arrivando alla conclusione che la morte non costituisce una barriera.

L’essere il Dio dei viventi dice anche che non è oggetto di conoscenza attraverso il ragionamento, ma soggetto di relazione da vivere in una storia di salvezza che coinvolge e che si basa sull’amore.

Ed è proprio l’amore l’argomento sul quale Gesù conduce il colloquio con lo scriba che gli ha chiesto: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?» (Mc 12,28).

La risposta di Gesù parte dal cuore della fede ebraica: «Ascolta, Israele» (Mc 12,29), per scoprire come il primo e grande comandamento dell’amore verso Dio, non sia solo strettamente legato a un secondo, ma ne costituisca la fonte: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mc 12,31).

L’amore verso il Signore coinvolge l’intera persona: cuore, anima, mente, forza, decisione, affettività, razionalità, impegno diremmo con parole più vicine alla nostra sensibilità. Dentro questa intensità si colloca anche l’amore verso il prossimo, perché l’amore verso il Signore possa rendersi concreto anche verso la vita degli altri, che deve esserci cara come la nostra stessa vita.

L’amore per il Padre lo si vive amando i fratelli “come noi stessi”. Ci si ama riconoscendo che Dio ci ama con tutto il cuore, con tutta la vita, con tutta la forza come ha fatto in Gesù.

Pur rifacendosi alla Scrittura, l’insegnamento di Gesù è nuovo perché unisce l’amore per Dio all’amore per il prossimo e per sé stessi.

Da questa fonte di amore trovano significato tutti gli altri comandamenti. Persino il culto e i sacrifici hanno significato perché segni di amore in risposta all’amore di Dio. L’amore è la vita del credente e la più alta celebrazione di Dio stesso.

Ama Dio non chi, in nome di questo amore, pensa o addirittura “pretende” di essere esaudito ogni volta che a lui si rivolge, ma chi si fida del suo amore, sa mettersi in ascolto e sa accogliere come e quando ha lui deciso di rivelarsi.

Amare Dio significa vivere un rapporto che risulta prezioso nella salute come nella malattia, nella stagione del benessere come in quella della penuria.

Amare Dio e il prossimo «vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici» (Mc, 12,33), più di tutte le devozioni e di tutti i pellegrinaggi. Del resto, amare sé stessi e il prossimo non è facile, immediato, spontaneo.

Il prossimo arriva nel momento sbagliato, infastidisce quando continua a insistere, mette a dura prova la nostra resistenza. Per amarlo veramente bisogna accettarlo, non semplicemente far finta di volergli bene. E riservargli attenzione anche quando si avrebbe voglia di fare tutt’altro.

«Ascolta, Israele» (Mc 12,29). La Parola di Dio è fondante. L’esistenza riceve senso da quella Parola. Dio parla al popolo e, in quanto membro del popolo, parla anche a me. Pertanto, prima di cogliermi nella mia individualità, debbo riconoscermi dentro una pluralità, dentro una comunione, dentro una solidarietà.

«Amerai» (Mc 12,30.31). Non è un imperativo morale, ma la via e la porta di accesso al mistero di Dio a cui ciascuno è chiamato a partecipare.

Questo scriba ci insegna che non dobbiamo temere a porre domande, perché sono lo specchio dei nostri bisogni e dei nostri desideri: più profondo è il bisogno e il desiderio, più domanda va a scavare dentro noi stessi.

Come ha fatto lo scriba, ogni risposta che ci sembra di poter comprendere o intuire da Gesù ha bisogno del nostro assenso, per essere interiorizzata, far parte delle nostre convinzioni e diventare cultura.

La cultura è la vita delle persone e delle comunità letta nei suoi valori e significati: se la fede non si fa cultura rimane campata in aria e anche l’amore rimane nell’ambito dei buoni sentimenti che non diventano mai concretezza di vita.

Don Momigli

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