Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 29 dicembre 2024

Festa della Santa Famiglia di Nazaret (1Sam 1,20-22.24-28   Sal 83   1Gv 3,1-2.21-24   Lc 2,41-52)

Per otto giorni consecutivi, la Chiesa ci invita a sostare davanti alla grotta di Betlemme per contemplare e adorare il mistero del Verbo che si è fatto uomo.

Quello che anche in questa domenica celebriamo, pertanto, è sempre il mistero della salvezza, che inizia a compiersi negli avvenimenti dell’Incarnazione del Figlio di Dio e della sua manifestazione e che culmina nel mistero pasquale.

L’ingresso del Figlio di Dio nella storia e nella famiglia umana, come per ogni persona, avviene da una donna e all’interno di una famiglia concreta, con tutte le sue peculiarità.

Densa di specifiche particolarità è anche la famiglia di Nazaret come il Vangelo mette bene in evidenza.

Il brano che ci viene proposto in questa domenica conclude la narrazione che Luca dedica alle origini divine e umane di Gesù e ne rappresenta il culmine.

In tutto l’Avvento e lo stesso giorno di Natale abbiamo ascoltato quello che viene an nunciato di e su Gesù. Nel brano di oggi, per la prima volta Gesù parla, dicendo qualcosa di sé.

La narrazione alterna il racconto di alcuni fatti, insoliti e sorprendenti, alla reazione di preoccupazione, meraviglia e incomprensione, dei vari personaggi.

All’interno di un consueto pellegrinaggio a Gerusalemme, a cui partecipa per la prima volta anche Gesù, avendo raggiunto l’età minima prevista, avviene qualcosa di impensabile: Gesù rimane a Gerusalemme, compiendo una scelta che appare essere pensata e voluta, senza avvertire i suoi genitori.

Nel viaggio di ritorno, quando Giuseppe e Maria si accorgono che Gesù non è con loro nella comitiva, tornano a Gerusalemme e si mettono in cerca: «Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava» (Lc 2,46).

L’evangelista annota lo stupore dei maestri del Tempio, «per la sua intelligenza e le sue risposte» (Lc 2,47), e lo stupore, di segno diverso, di Giuseppe e Maria per questo evento imprevisto.

Maria, dando voce all’ansia e alla fatica della loro ricerca, pone a Gesù una domanda che, insieme, esprime rimprovero e bisogno di capire: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco tuo padre e io angosciati ti cercavamo» (Lc 2,48).

Gesù risponde con una domanda che rovescia quella rivoltagli dalla madre, reinterpretando tutta la situazione in termini diversi: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49).

Dalle parole di Gesù sembra emergere una contrapposizione tra due paternità: quella di Giuseppe e quella di Dio. Una contrapposizione che, forse, è solo apparente, dato che anche Giuseppe e Maria cercano di compiere la volontà del Padre, ma è anche una contrapposizione che nell’immediato può apparire incomprensibile.

Giuseppe e Maria non capiscono la risposta, ma una possibilità rimane aperta: «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51). Maria accoglie nel cuore le parole del figlio, ne fa oggetto di memoria attenta e aperta al futuro.

La vera ricerca passa anche dalla memoria, da un ricordare intelligente, che non si stanca di interrogarsi e ha il coraggio di lasciar vivere e risuonare una domanda che non ha una pronta o facile risposta.

Gesù è cercato e trovato, ma rimane ancora incomprensibile. È una questione da tener sempre presente nella nostra vita. Per trovarlo veramente occorre mantenere attiva la ricerca, orientandola e aprendola a un futuro sempre nuovo.

Il racconto di Luca ci dice che Gesù ritorna a Nazaret e sta sottomesso ai suoi genitori: accetta fino in fondo le conseguenze del suo essere uomo.

Quest’immagine è particolarmente utile in quest’anno del Giubileo: il pellegrinaggio non finisce quando si è raggiunta la meta, ma quando si torna a casa e si riprende la vita di tutti i giorni, mettendo in atto i frutti spirituali dell’esperienza vissuta.

Don Momigli

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