Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 28 aprile 2024

Quinta domenica di Pasqua anno B (At 9,26-31   Sal 21   1Gv 3,18-24   Gv 15,1-8)

Il brano del libro degli Atti che abbiamo ascoltato come prima lettura si conclude affermando che «La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero» (At 9,31).

Queste parole mettono in evidenza come, pur nella momentanea assenza di persecuzione, la Chiesa non si è adagiata sull’esistente: cammina nel timore del Signore e si consolida, animata dalla fiamma apostolica dello Spirito Santo. (Cfr At 9,31).

La parola di Dio può essere compresa se diventa concretamente vita, perché è parola di vita. Non si cresce nella comprensione della parola di Dio e non la si accoglie nella staticità, ma nel dinamismo.

Un approfondimento della Scrittura che si limita all’indagine scientifica – allo studio della lingua, dell’etimologia, dei contesti ambientali nei quali è stata pronunciata, ai generi letterari e al senso dei singoli versetti – può produrre solo nebbie e gelo, non scaldare il cuore e a far crescere nella fede, in umanità e nella comunione.

Non è sufficiente sapere chi è Gesù Cristo. Occorre vivere il comandamento che lui ci ha dato, come ribadisce la seconda lettura: «che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri» (1 Gv 3,23), non «a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1Gv 3,18).

Crescere nella fede e amare nei fatti e nella verità è possibile solo coltivando la relazione con Cristo: vera luce (Gv 1,9); vero pane (Gv 6.32); vera vite (Gv 15,1). Gesù è la vera vite: noi siamo i tralci che portano frutto solo se rimaniamo uniti a lui.

«Rimanere». Con questo verbo l’evangelista Giovanni indica la speciale relazione che i discepoli sono chiamati a vivere con Cristo. Una relazione che cresce e si alimenta rimanendo in lui, facendo di lui la nostra dimora, scegliendo di condividere con lui il nostro cammino.

Per rimanere in una relazione è sempre necessaria una continua uscita da noi stessi. Il rimanere nella relazione con Gesù Cristo esige ancor di più un continuo cambiamento, perché mette in discussioni le nostre logiche, i nostri ritmi, le nostre priorità: ci chiede di guardare noi stessi, gli altri e il mondo da un altro punto di vista.

Quando siamo chiusi alla linfa vitale che viene da Cristo, la relazione si inaridisce, non portiamo frutto e il Padre ci scarta. Quando, invece, qualche frutto lo portiamo ci pota per diventare ancor più generativi: «Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Gv 15,2).

Come avviene nella vigna, quando i tralci non vengono potati l’uva prodotta ha grappoli e acini piccoli, così avviene anche per i discepoli: le potature del Padre sono per un frutto più abbondante e di maggiore qualità.

Il Padre, ad esempio, pota con sapienza ogni nostra ricerca di vantaggi umani, ogni attaccamento alle comodità, ogni agire che tende ad esaltare noi stessi. E lo fa aiutando con la sua grazia, singoli discepoli e comunità, a correggere le eccessive inclinazioni verso i soli vantaggi terreni.

Quando siamo un po’ impermeabili alla grazia, ma qualche frutto comunque lo portiamo, il Padre ci pota permettendo stroncature fatte dagli uomini, che non avvengono quasi mai con sapienza e per amore, ma per rabbia, per indivia, per colpire e ferire. Anche queste potature, benché più dolorose, possono aiutarci a rientrare in noi stessi, ad imparare l’umiltà e a produrre più frutto.

Le stesse persecuzioni hanno consentito alla Chiesa primitiva di produrre frutto diffondendosi e annunciando Cristo e il suo vangelo oltre Gerusalemme.

Il modo di agire del Padre suggerisce anche i criteri da utilizzare per scegliere bene nella nostra vita: cosa tagliare e cosa potare. Bisogna aver chiara la direzione e verificare se quello che facciamo porta frutto. Nessuna scelta, nessun impegno, nessuna relazione, neppure quella con Dio, può essere fine a sé stessa: tutto deve portare frutto.

Solo rimanendo in Cristo, sapremo verificare il nostro cammino; sapremo interpretare e vivere nel modo giusto le grandi e piccole potature che il Padre sta facendo nella nostra vita e in quella della Chiesa.

Don Momigli

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