Trentesima domenica Tempo Ordinario Anno B (Ger 31,7-9 Sal 125 Eb 5,1-6 Mc 10,46-52)
La prima lettura di oggi insiste sul fatto che la salvezza viene da Dio: «Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele» (Ger 31,7).
La salvezza è sempre opera di Dio, ma noi, come singoli e come popolo, siamo chiamati ad accoglierla e anche a sollecitarla, come fa il cieco Bartimeo nel brano del Vangelo. E per sollecitarla ed accoglierla è necessaria la fede.
La narrazione di Marco ci aiuta a riflettere sul nostro modo di porci nei confronti della vita e sul nostro modo di essere discepoli del Signore Gesù.
Possiamo vivere seduti lungo la strada della storia, rimanere immobili di fronte allo scorrere degli eventi e lamentarci della nostra condizione. Ma possiamo anche gridare la nostra voglia di riscatto e fare quanto è nelle nostre possibilità per una vita dignitosa e piena di relazioni sociali.
Bartimeo è un mendicante, ma questa volta non si limita a chiedere: grida. Il suo grido dà fastidio a coloro che stanno intorno a Gesù e gli dicono di smettere, ma lui non rinuncia e continua a gridare per mettere il suo bisogno davanti a Gesù che passa.
Quello di Bartimeo non è solo il grido di chi vuole uscire da una situazione di marginalità e povertà: nella sua invocazione riconosce in Gesù il Messia e si consegna alla sua misericordia: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (Mc 10,47).
Il grido di Bartimeo innesca un processo che, prima di arrivare a trasformare la sua vita, cambia l’atteggiamento di coloro che gli imponevano il silenzio: su richiesta di Gesù si rivolgono a lui con tre esortazioni nelle quali è condensata la ricchezza e la missione di ogni discepolo: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!» (Mc 10,49).
Coraggio: il tuo grido di disperazione e di speranza ha superato ogni ostacolo ed è arrivato al Signore.
Àlzati: hai il diritto di stare in piedi dinanzi al tuo Signore e davanti agli altri e hai il dovere di mettere in campo le tue energie, per compiere il cammino che puoi fare da solo anche verso di Gesù.
Ti chiama: chiama proprio te, così come sei; con i tuoi limiti e le tue potenzialità.
Udite queste parole, Bartimeo getta via il mantello – sicurezza di ogni mendicante – si alza e va incontro a Gesù, il quale gli rivolge una domanda che può sembrare strana, dato suo bisogno evidente: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» (Mc 10,51).
«Rabbunì, che io veda di nuovo!» (Mc 10,51). La risposta di Bartimeo è profonda. Il verbo usato dall’evangelista (anablepein) ha il significato di “vedere di nuovo”, ma anche quello di “guardare in alto”. Non si tratta solo di tornare a vedere, ma anche di rialzare la testa, ritrovare dignità.
Anche le parole di Gesù vanno in profondità. Non si limita a dirgli: “Va’ la tua fede ti ha ottenuto la guarigione”. La fede non riguarda solo una dimensione, non riguarda solo corpo, ma la persona intera: «Va’, la tua fede ti ha salvato» (Mc 10,52).
L’incontro con Gesù permette a Bartimeo di vedere di nuovo e di recuperare dignità e socialità, ma la sua vicenda non si conclude con la guarigione: «vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada» (Mc 10,52). Diventa discepolo senza che Gesù glielo abbia chiesto.
Questo epilogo, forse, motiva l’evangelista a riportare il suo nome, mentre altre persone guarite da Gesù rimangono nell’anonimato e sono stati tramandati solo sotto il nome generico di paralitico, lebbroso, indemoniato, sordomuto.
Bartimèo decide di andare dietro a Gesù sulla strada verso Gerusalemme, diventando in questo modo figura del vero discepolo, che non guarda solo a Gesù ma segue le sue orme per imparare a guardare la vita come lui.
Il discepolo, infatti, deve sempre tener presente che «Nella fede, Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo, la manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche Colui al quale ci uniamo per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere» (Lumen fidei, 18).