Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 26 maggio 2024 – Festa SS Trinità

Solennità della Santissima Trinità anno B (Dt 4,32-34.39-40   Sal 32   Rm 8,14-17   Mt 28,16-20)

La conclusione del vangelo secondo Matteo, proposta per questa festa della Santissima Trinità, ci presenta Cristo Risorto che si manifesta al gruppo degli apostoli che hanno obbedito al comando di Gesù, riferito loro dalle donne, di recarsi in Galilea (Mt 28,10).

Come sottolinea l’evangelista, il gruppo si presenta mancante e incerto. Sono Undici: Giuda dopo aver tradito ha perduto la speranza nella redenzione. Si inchinano davanti a Gesù risorto, ma sono insicuri: «Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono» (Mt 28,17).

Il Risorto colma una distanza che sembra incolmabile e spezza il silenzio con una parola che riapre prospettive di vita: «Si avvicinò e disse loro» (Mt 28,18).

A questo gruppo imperfetto, ferito e dubbioso, il Risorto affida la missione di fare «discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). Prima di affidare la missione, però, chiarisce il fondamento sul quale devono poggiare i loro pensieri e ogni loro azione: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra» (Mt 28,18).

Il Risorto opererà nei discepoli e tramite i discepoli, che agiscono in forza della sua autorità e della sua presenza: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

L’efficacia dell’azione evangelizzatrice dei discepoli è frutto di un mistero di comunione: dipende dalla loro adesione al Risorto.

È mistero di comunione anche il diventare discepoli: lo si diventa con l’immersione nel triplice nome del Dio-con-noi: «Fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo» (Mt 28,19).

Gli Undici sono inviati a trasmettere quello che hanno ricevuto e che è stato loro chiesto di osservare e di vivere: «Insegnando loro a osservare tutto ciò che ho comandato a voi» (Mt 28,20).

Celebrare la Trinità, quindi, non significa sviluppare riflessioni teologiche che cercano di indagare il mistero di Dio uno e trino, ma ravvivare la gratitudine e la gioia per essere sorretti e immersi nella comunione di amore di questo Dio, che è Padre, è Figlio, è Spirito santo.

Guardare alla Trinità di Dio ci fa scoprire che la verità di noi stessi e di Dio la troviamo vivendo in comunione d’amore e che nello smarrimento della comunione e dell’amore sta la radice del male.

Come afferma il Concilio Vaticano II, il Signore Gesù «ci ha suggerito una certa similitudine tra l’unione delle Persone divine e l’unione dei figli di Dio nella verità e nell’amore. Questa similitudine manifesta che l’uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per sé stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (G.S., 24).

Per quanto possiamo cercare di migliorare noi stessi e di potenziare le nostre capacità, non saremo mai perfetti: restiamo persone limitate, bisognose di attenzione, di cura, di amore.

Qualcuno ha detto che il mistero dell’amore è scritto proprio nella nostra imperfezione, che ci spinge ad aprirci a Dio e all’altro.

Quello del narcisista non è amore. Non c’è amore quando ci concentriamo su di noi, quando illusoriamente pensiamo di bastare a noi stessi o di essere sopra gli altri.

L’amore diviene sterile, e presto si svuota, anche quando, in una coppia, ci si concentra sulla propria reciprocità, senza apertura all’esterno.

L’amore vero è quello che eccede, che si consegna, che non resta chiuso nell’isolamento dell’io o nella stretta reciprocità di due.

La festa della Trinità ci dice che l’amore è lo spazio della relazione tra il Padre e il Figlio dentro cui ogni persona è chiamata ad abitare. È la comunione che non si esaurisce nella reciprocità, ma che diventa dono e inclusione. Possiamo dire che abbraccio, spazio, comunione sono nomi diversi per dire Spirito santo.

Questa della Trinità è una festa che provoca e ci porta a riflettere sul Dio in cui crediamo e a cui ci rivolgiamo.

Se la nostra fede apre e rende feconde le relazioni e l’intera nostra vita, allora possiamo dire di credere davvero nel Dio che nella sua imperscrutabilità si è rivelato come Padre, Figlio e Spirito santo.

Don Momigli

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