Terza domenica del Tempo Ordinario Anno C (Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21)
La liturgia di questa domenica ci dice che la Parola proclamata e ascoltata con tanta venerazione dal popolo ebraico, si compie in Cristo: Parola fatta carne, attraverso cui il Padre ha rivelato sé stesso.
La prima lettura, tratta dal libro di Neemia, narra come dopo il ritorno dall’esilio a Babilonia, la comunità di Israele riparte e rinasce dalla lettura e dall’accoglienza della parola di Dio.
Questo brano può essere letto come il cammino di un popolo alla ricerca di un’identità e di una sua coesione: la gente ritornata da Babilonia si trova di fronte alle macerie fisiche della propria città e alla distruzione della propria storia.
Il cammino identitario di coloro che sono rientrati nell’antica patria inizia ridando vigore alla relazione con Dio, attraverso due passaggi: la ricostruzione del Tempio e la centralità del dono della Legge, quale criterio intorno al quale ritrovarsi come comunità.
Come il popolo di Israele riceve luce sulla sua identità dalla memoria di quello che Dio ha compiuto, così il popolo cristiano trae i fondamenti della propria identità da Cristo e dalla sua parola.
Nella prima parte del brano del Vangelo ascoltato, Luca introduce tutta la sua opera dicendo chiaramente a Teofilo, destinatario dei suoi scritti, che intende dimostrare la solidità degli insegnamenti da lui ricevuti. Teofilo, che significa “Amico di Dio”, forse è un nome simbolico per indicare ogni lettore e cercatore di Dio.
Luca dice di volersi fondare su quanto raccontato da coloro che sono stati testimoni oculari della vita, morte e risurrezione del Signore. Come dire: ho deciso di scrivere non per raccontare visioni, opinioni personali o riflessioni devote, ma per narrare fatti, dietro i quali c’è l’esperienza diretta dei primi discepoli di Gesù.
Un fatto è anche quanto avviene a Nazaret la prima volta che Gesù ci torna dopo il suo battesimo e l’inizio della sua attività evangelizzatrice, che l’evangelista riassume con poche parole: «Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode» (Lc 4,14-15).
Tornato a Nazaret, di sabato, Gesù entra nella sinagoga e gli viene dato un testo della Scrittura da leggere, come avviene ancora oggi nelle sinagoghe. Ogni fedele ebreo adulto legge a turno un passo della Scrittura durante il culto del sabato: il rotolo delle Scritture viene tolto solennemente dalla teca che lo contiene e, srotolato al punto giusto, viene dato al lettore.
Gesù legge un passo di Isaia, dove il profeta probabilmente parla di sé stesso come colui che lo Spirito di Dio ha unto – “consacrato” – e inviato a portare il lieto messaggio – “vangelo” – ai poveri e agli oppressi, la liberazione ai prigionieri e un anno di grazia del Signore.
Gesù commenta con una sola frase: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21). Come dire: quello che Isaia scriveva si realizza oggi in colui che sta leggendo, inviato dallo Spirito di Dio.
Ascoltando queste parole di Gesù: «Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (Lc 4,22). L’ammirazione e la meraviglia, però, non si trasformano in fiducia, ma in rabbia e rifiuto, come descrive il brano successivo a quello ascoltato.
L’atteggiamento dei compaesani di Gesù mette in evidenza che con la parola di Dio ci si deve confrontare, per accoglierla o per rifiutarla. In questo nostro tempo, invece, anche nei fedeli sembra che prevalga l’indifferenza, la mancanza di un vero confronto. E se non ci si confronta con la parola di Dio niente può cambiare.
Se troviamo il coraggio di andare oltre i luoghi comuni e il cosiddetto politicamente corretto, a livello personale e comunitaria, in modo più o meno forte, tutti scopriamo la necessità di ritrovare un centro e il bisogno di un nuovo inizio.
La domenica della Parola voluta da papa Francesco, e che in questa VI edizione la celebriamo con il motto «Spero nella tua Parola» (Sal 119,74), ci ricorda che il cuore e il motore di un nuovo inizio è proprio la parola di Dio. Parola che deve ritrovare la necessaria centralità nella nostra vita e in quella di ogni comunità.