Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 23 febbraio 2025

Settima domenica Tempo Ordinario anno C (1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23   Sal 102   1Cor 15,45-49   Lc 6,27-38)

Il brano del Vangelo di questa domenica ci porta al cuore del messaggio di Gesù e alla sua radicalità.

Il discorso presentato dall’evangelista Luca non è rivolto a tutti. Certamente non è rivolto a gente remissiva, debole, che si sottrae al conflitto e getta la spugna alla prima difficoltà. Ci vuole una grande forza per riuscire a vivere la benevolenza nei confronti di chi ci osteggia e per amare fino al punto in cui chiede Gesù.

Gesù si rivolge direttamente ai discepoli con parole nette che sembrano proporre obiettivi irraggiungibili: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male» (Lc 6,27-28).

Per comprendere le parole di Gesù occorre anzitutto tener presente un dato di fatto: l’altro, chiunque esso sia, è un essere umano come lo sono io; occorre porsi davanti all’altro consapevoli che è una persona come me, che ha la mia stessa dignità e i miei stessi diritti.

La consapevolezza che condividiamo la stessa umanità è un presupposto essenziale, ma non basta per amare i nemici, porgere l’altra guancia a chi ci percuote, benedire chi ci fa del male.

Quello che Gesù chiede ai suoi discepoli, e che lui stesso vive sulla sua pelle, rovescia il modo di sentire, di pensare e di agire del mondo e trova il suo fondamento in Dio e nell’esperienza che abbiamo di lui: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).

Ascoltando e seguendo Gesù, viviamo la comunione col Padre, scopriamo una dignità impensata, diventiamo capaci di cose che mai avremmo pensato di poter pensare, dire e fare.

Le singole affermazioni non sono da prendere alla lettera e da applicare materialmente: Gesù stesso quando ha ricevuto uno schiaffo dal soldato, non ha dato materialmente l’altra guancia, ma ne ha chiesto ragione.

Le parole di Gesù vogliono essenzialmente richiamare lo spirito con cui bisogna reagire a chi ci fa del male. Il male subìto non deve far scattare in noi il desiderio della vendetta, che ci fa entrare in una spirale senza fine, ma il desiderio di amare e pregare di più, per disinnescare la bomba dell’odio e della violenza e ritrovare la via della fraternità.

Il brano del Libro di Samuele, proposto come prima lettura, narra un episodio della vita di Davide che ben rappresenta il cambiamento del modo di pensare e di agire chiesto da Gesù.

Dopo aver ucciso Golia, Davide conquista la stima del re Saul e del popolo. Il crescere del consenso popolare intorno a Davide, genera in Saul gelosia e collera nei confronti di Davide, tanto che cerca di ucciderlo. Per tutta una serie di circostanze, una notte, Davide si trova ad avere in sua balìa il re. Avrebbe potuto ucciderlo, o menomarlo sino a renderlo innocuo, ma Davide non si lascia vincere dallo spirito di vendetta: ispirato dal santo timor di Dio, non intende offendere o ferire l’unto di Dio.

Il torpore che assale Saul potrebbe essere letto come un segno, per favorire l’eliminazione di un re ripudiato da Dio stesso, ma Davide lo interpreta come un’occasione propizia per esercitarsi ad agire come agisce Dio: alza il grido, non della vittoria che nasce dalla vendetta, ma per proclamare la fede in quel Dio che è unico padrone della vita.

Quando mettiamo noi stessi al centro di tutto, certifichiamo non solo la mancanza di fede, ma anche l’incapacità a percepire l’amore di Dio.

Perdonare a chi ci ha fatto del male, fare del bene ai propri nemici, pregare per quelli che ci maltrattano è tutt’altro che spontaneo e non è affatto facile. Il male innesca una spirale che conduce nel vortice della vendetta e della cattiveria.

La fede cristiana rovescia il modo di pensare e di agire del mondo: genera atteggiamenti nuovi e rivoluziona la cultura che si basa sulla categoria amico-nemico. Per il cristiano, l’offesa subita è occasione per avviare una vera rivoluzioni: amare nonostante tutto, perché amati, accompagnati, guariti, perdonati da Dio.

Il brano del Vangelo, quindi, non dice solo come deve comportarsi chi segue Gesù, ma anche il motivo: è l’amore di Dio che fonda l’amore per il prossimo.

Don Momigli

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