Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 2 marzo 2025

Ottava domenica Tempo Ordinario anno C (Sir 27,5-8   Sal 91   1Cor 15,54-58   Lc 6,39-45)

Il brano del Vangelo di oggi ci rimanda alla vita di ogni giorno. Con brevi parabole Gesù indica ai suoi discepoli la strada da percorrere per vivere con saggezza.

Gesù usa immagini che rimandano agli occhi e al vedere, alla bocca e al parlare. Le sue parole rimandano essenzialmente al cuore, che – nella Bibbia – è la sede della coscienza: «L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (Lc 6,45).

Come si afferma nella breve prima lettura, tratta dal libro del Siracide – un saggio di Israele vissuto tra il III e il II secolo avanti Cristo: «La parola rivela i pensieri del cuore» (Sir 27,6).

Chi non sa vedere, o non vuole vedere, la realtà come essa è o la vede e la descrive in modo distorto avrà sulla bocca parole false. È dalla falsità della parola nata da una cattiva coscienza che nascono i conflitti fra le persone e fra i popoli.

«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? (Lc 6,39). Soprattutto chi svolge un ruolo di guida – dal genitore al sindaco, dall’insegnante al parroco, dal commentatore al ministro – deve saper vedere bene ed avere un buon tesoro nel suo cuore.

È necessaria la saggezza per guidare con saggezza, altrimenti si rischia di causare danni alle persone che ci sono affidate o alle quali ci si rivolge.

«Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello» (Lc 6,42). Gesù conosce il cuore umano e sa bene che ogni persona è facile preda della tentazione dell’ipocrisia, ponendosi a giudice degli altri senza trovare in sé stessa nessuna colpa.

La cosa, però, si fa ancora più grave quando cedono alla tentazione dell’ipocrisia, coloro che hanno un ruolo di guida. Pur di ottenere il consenso si presentano letture volutamente parziali o addirittura false della realtà e si conducono le persone per strade sbagliate.

Se vogliamo arricchire il cuore, acquisire la capacità di vedere e di pronunciare parole feconde è anzitutto necessaria l’arte dell’ascolto.

Ascolto delle persone, degli avvenimenti, della creazione. Ma principalmente è l’ascolto della parola di Dio che provoca la conversione, conduce alla radice dell’amore misericordioso del Padre, rinnova nello spirito della nostra mente e ci fa rivestire «l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef 4,23).

L’ascolto è talmente essenziale che Gesù, rispondendo alla domanda su quale sia il primo e importante comandamento – amare Dio e il prossimo – inizia con la parola Shemà: Ascolta (Mc 12,29).

Senza ascolto non può esserci vita cristiana: «Beati coloro che ascoltano e osservano la Parola di Dio» (Lc 11, 28); «Fate attenzione a come ascoltate» (Lc 8,18).

Se, come dice Paolo, «la fede nasce dall’ascolto» (Rm 10,17), la nostra disponibilità all’ascolto della Parola è il segnale della verità della nostra fede e del nostro amore.

Il primo atteggiamento richiesto dall’amore è l’attenzione. Quando amiamo qualcuno gli diamo attenzione. E il modo più diffuso e importante di prestare attenzione è l’ascolto.

Nella nostra vita, sembra di dedicare all’ascolto un’enorme quantità di tempo, ma in buona parte è sprecato, perché quasi sempre ascoltiamo con scarsa attenzione.

Ascoltare e accogliere le parole che vengono dal cuore di Dio e dal cuore dell’umanità: è un grande esercizio antropologico e di crescita nella verità e nel bene.

Ascoltare per capire. Ascoltare per cambiare. Ascoltare per amare. Ascoltare per crescere come albero buono. Ascoltare per portare frutto.

Senza vero ascolto, non ci possono essere neppure parole vere.

Don Momigli

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