Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 2 giugno 2024 – Corpus Domini

Solennità del Corpo e Sangue di Cristo anno B (Es 24,3-8   Sal 115   Eb 9,11-15   Mc 14,12-16.22-26)

Con la solennità del Corpo e Sangue di Cristo la Chiesa dice a sé stessa e al mondo che l’eucaristia non è un fatto individuale, privato, ma azione ecclesiale del comando di Gesù: «Fate questo in memoria di me» (1 C or 11,24. 25)

La celebrazione eucaristica è sempre un’azione di tutta la chiesa, per l’edificazione della chiesa e per la salvezza del mondo.

La dimensione comunitaria dell’eucaristia rappresenta una provocazione per una cultura e una prassi, anche religiosa, dove ciascuno ricerca il proprio privato benessere e coltiva la propria individuale spiritualità.

La stessa esperienza dell’alleanza, di cui parlano tutte le letture di oggi, non è un sentimento privato, non è una terapia per stare bene con sé stessi: è convocazione, relazione, esperienza comunitaria.

Siamo convocati come popolo per entrare nella comunione che salva. Solo insieme si può vivere l’alleanza e ricevere il dono della vita in Cristo Gesù. L’alleanza è nel corpo e sangue di Cristo, nutrimento di comunione, di amore, di vita.

Durante l’ultima cena, dopo aver preso un po’ di pane e un po’ di vino, Gesù li distribuisce ai suoi dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti» (Mc 14,22-23).

L’eucaristia nutre dell’amore di Dio manifestato in Gesù e che si rende evidente in coloro che amano come Gesù ha amato. Non si riceve il corpo di Cristo come fosse una cosa qualsiasi oppure pensando che i problemi si dissolvano quasi in modo magico.

Nutrirsi di Cristo non pone certamente fine ai disastri causati dalla stupidità e dall’avidità umana. Con la disponibilità della fede, l’eucaristia dona la sapienza dello spirito e cambia la vita.

In vista delle elezioni amministrative ed europee, si parla molto, giustamente, delle questioni del lavoro, della casa, della sanità, dei trasporti; si parla di come rendere le nostre città più funzionali e di come aumentare i servizi alle persone e alle imprese.

Si parla poco, però, della necessità di ricostruire il tessuto relazionale e sociale, indispensabile anche per evitare il grande fenomeno della solitudine; per evitare che le persone siano e si sentano sole, e per far sì che i nostri condomini, le nostre strade, i nostri quartieri e le nostre città ritrovino un’anima e un senso di appartenenza civica.

È necessaria un’anima perché i molti talenti, le intelligenze, le energie positive, singole e collettive, che abitano nei nostri territori sappiano mettersi in ascolto, in dialogo, in cammino insieme per rendere le nostre città luoghi di speranza e fraternità.

Il cristiano non è ingenuo: sa bene che non è facile vivere ogni giorno la speranza e la fraternità e testimoniare il gusto per la vita in situazioni complicate e di degrado. Chi crede in Gesù Cristo, pur avvertendo il pericolo, il malumore, la rabbia, l’invidia e anche la cattiveria, non può mai trovare una ragione per provare disgusto della vita e per evitare di coinvolgersi nella concreta vita della città.

La processione che tradizionalmente viene fatta per la festa del “Corpus Domini” è un segno che esprime visibilmente che la fede in Cristo e la celebrazione dell’eucaristia porta a coinvolgersi nelle strade della vita; porta ad essere membri vivi della comunità cristiana e della comunità cittadina.

Il camminare in processione può anche mettere in scena un grande inganno, anzitutto nei confronti di noi stessi: facciamo percorrere a Cristo presente nel pane eucaristico le strade della città che noi, nella nostra quotidianità, non percorriamo con quella fede e quella operatività necessaria per vivere e costruire comunità sempre più feconde e fraterne.

L’eucaristica è atto di culto perché atto di vita. Camminare per le strade della città con il Cristo eucaristico ci impegna, come singoli credenti e come chiesa, a portare su queste stesse strade il nostro impegno a coltivare relazioni autentiche e profonde, a servire la città e i suoi abitanti con serietà e onestà, a prenderci cura di chi ha fame di cibo, casa e lavoro, ma anche di dignità.

Don Momigli

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