Presentazione del Signore (Ml 3,1-4 Sal 23 Eb 2,14-18 Lc 2,22-40)
Dio agisce nella quotidianità: un bimbo, i suoi genitori, le regole stabilite per tutti. Ma per scorgere la luce dello Spirito che opera e rivela l’azione di Dio occorrono gli occhi illuminati dalla fede.
Il rito ordinario della presentazione di Gesù al Tempo, previsto dalla Legge, diventa l’occasione per una nuova manifestazione della sua identità, attraverso la particolare figura di Simeone, che appartiene al gruppo di quegli uomini giusti e pii che attendono il Messia, e quella della profetessa Anna.
Simeone si reca al tempio mosso dallo Spirito e incontra Giuseppe e Maria con il bambino. È un uomo in fiduciosa attesa del Cristo e possiede lo sguardo acuto che proviene dalla fede: il Salvatore promesso gli viene incontro con i tratti di un bambino, simile a tanti altri che quel giorno venivano portati al Tempio. La fede rischiara i suoi occhi: sa ascoltare quello che Dio dice e sa cogliere i segni dello Spirito, anche se minimi e sorprendenti.
Prende Gesù fra le sue braccia e intona un canto di ringraziamento ispirato dalla seconda parte del libro di Isaia e che contiene in germe tutto il Vangelo di Luca: il bambino Gesù non è solo la gloria di Israele, ma anche la luce che rischiara tutte le genti.
Lo Spirito continua a parlare anche a noi oggi, svelandoci che il Cristo continua ad agire nella nostra quotidianità anche se facciamo fatica a leggere dentro le trame della storia di questo nostro tempo la presenza provvidente di un Dio misericordioso, che agisce, opera e cambia la vita del mondo.
Dobbiamo prendere atto che molte delle nostre difficoltà derivano dal fatto che viviamo in un clima culturale in cui sembra perduto il senso di Dio, annebbiata la dimensione spirituale, distrutto ogni riferimento etico, smarrito il senso dell’attesa e della speranza.
Simeone è stato capace di vedere la manifestazione del Signore dentro le trame semplici e misteriose della storia anonima di una coppia di giovani sposi andati al tempio per adempiere alla legge, perché non ha ceduto alla rassegnazione, non ha smesso di credere nella presenza e nell’azione di Dio nella vita del mondo.
Simeone non è un ottimista ingenuo. Le parole della sua benedizione sono concrete: Gesù sarà motivo di caduta e risurrezione di molti, le vicende della sua vita terrena trapasseranno come una spada l’anima di Maria.
Luca mette in campo anche Anna, una vedova da molti anni che «non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere» (Lc 2,37). La sua figura è portatrice di due messaggi significativi: è la testimone di una “profezia al femminile”, che tutto il Vangelo di Luca valorizza in modo particolare; è entrata da tempo in una stagione della vita che oggi, a differenza del mondo antico, tendiamo a emarginare in una sfera parassitaria e improduttiva della vita sociale.
Possiamo individuare nel termine incontro la parola-chiave di tutto il brano. L’incontro è un’esperienza che dobbiamo custodire e valorizzare in ogni momento della nostra vita.
Nell’incontro c’è la connotazione stessa dell’essere cristiano, come scriveva Benedetto XVI: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Deus caritas est, 1).
Il termine “incontro” parla di movimento, del mettersi in cammino di due o più persone che convergono, si conoscono e fanno scaturire una nuova storia, trasformando la radice negativa della parola – contro –, in un processo positivo che sfocia anche nell’amore.
Chi crede in Cristo possiede la chiave che apre a un mondo diverso, pur stando ben piantati nel mondo presente. Questa chiave è proprio l’incontro, la relazione, col Signore Gesù e fra noi. Un incontro fecondo nutrito dalla fede e dalla speranza.
In questa ottica si comprende bene anche il valore del tema della 47° Giornata per la Vita che si celebra oggi: «Trasmettere la vita speranza del mondo».
Se non ci fermiamo alla sola ritualità, nella celebrazione eucaristica sperimentiamo la presenza del Signore e ci incontriamo con lui, mediante la sua Parola, il pane e il vino che diventano suo corpo e suo sangue, il nostro radunarci in assemblea in risposta alla sua chiamata: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20).
Il brano di Luca si conclude presentando la Famiglia di Nazareth che, dopo aver adempiuto quanto previsto dalla Legge e aver vissuto l’incontro straordinario con Simeone e Anna, torna alla normalità della vita, nella quale «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.» (Lc 2,40).
Le esperienze straordinarie sono un arricchimento, ma è nella quotidianità della vita che ciascuno coltiva il rapporto col Signore Gesù, forma la sua personalità e – coltivando l’incontro e la relazione – contribuisce a formare quella della comunità in cui vive.