Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 13 ottobre 2024

Ventottesima domenica Tempo Ordinario anno B (Sap 7,7-11   Sal 89   Eb 4,12-13   Mc 10,17-30)

Le parole di Gesù ascoltate nel brano del Vangelo ci raggiungono in modo forte. Possiamo anche dire che ci disturbano. Ci fanno sperimentare la verità di quanto afferma la lettera agli Ebrei: «La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).

C’è un “cordone ombelicale” che deve essere reciso per diventare fedeli discepoli di Gesù: bisogna lasciare ogni sicurezza che viene dal denaro e dal possesso di beni. Ma prima ancora è necessario uno sguardo nuovo, una nuova visione delle cose, della vita, dei beni.

Gesù non condanna il possesso dei beni, ma mette in guardia dal ruolo che questi beni hanno nella propria vita e dall’uso che ciascuno può farne. In gioco c’è il possedere o l’essere oggetto di possesso.

I beni sono uno strumento per vivere meglio, se si usano in forma intelligente e libera. Ma se la gestione dei beni aumenta le preoccupazioni e ci rende sospettosi, ingordi, chiusi, non siamo più noi a possederli, ma sono i beni che posseggono noi.

Vivere nella paura di perdere i beni che abbiamo, e sui quali fondiamo la nostra sicurezza, offusca lo sguardo e non può farci godere la bellezza della vita.

È cosa buona mettere in pratica i comandamenti, ma anche confidare nella nostra fedeltà alla legge di Dio può essere assai rischioso e non portarci a sentire dentro di noi quella libertà e quella pienezza che può derivare solo dalla relazione con Gesù Cristo.

La vita eterna non si “eredita” con la sola pratica religiosa, soprattutto quanto è centrata sul proprio benessere spirituale, ma lasciandoci coinvolgere dalla relazione con Gesù.

Il “tale” di cui parla il Vangelo ha ben chiara la meta. Sa che vuole arrivare alla vita eterna, che è pienezza senza limiti, realizzazione non più provvisoria di ciò che rende felici.

Non sa come arrivarci. Pur affermando di aver osservato i comandamenti fin dalla giovinezza, sente che qualcosa gli manca. E interroga Gesù, per avere da lui un aiuto e una direzione da seguire: «gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò:Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”» (Mc, 10,17).

La vita eterna che quest’uomo sta cercando è possibile accogliendo l’amore di Gesù e lasciandosi trasportare dall’amore: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» (Mc 10,21).

Vivendo con Gesù una relazione di amore e amando il prossimo come lui ci ha amati, consente di passare dal fare al donare: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!» (Mc 10,21).

Non è mai facile mettere in pratica la Parola ascoltata.  Oggi non è facile neppure ascoltarla. Quello che dice Gesù è così esigente da incutere timore anche ai suoi «i discepoli erano sconcertati dalle sue parole» (Mc 10,24).

Nessuno può salvarsi da solo: solo Dio salva. Pertanto Essere cristiani non è una missione impossibile. Non comporta l’ansia di prestazione, perché non dipende prima di tutto dalle cose che si fanno.

Essere cristiani significa accettare di leggere la propria esistenza alla luce della sapienza, come Salomone. Una sapienza che non consiste nel possedere più “sapere”, più informazioni, ma nell’avere nel dare “sapore”, nel dono della prudenza e del discernimento.

Non tutte le cose buone che abbiamo davanti e che facciamo aiutano nel solito modo a dare sapore alla vita nel momento in cui siamo chiamati a scegliere.

L’uomo che si è rivolto a Gesù viene indicato con un pronome indefinito – un tale – come se non avesse un’identità. Gesù gli propone un cammino che gli consente di trovarsi, ma lui, almeno per ora, non riesce a scegliere e se ne va triste.

Ciascuno di noi ha il suo percorso da seguire, che è unico e irripetibile. Fermarci, farci delle domande è essenziale: che cosa mi aspetto dalla vita, dove sto andando, ho una meta? Per chi e per che cosa ogni giorno lavoro, soffro e spero?

Ascoltare le domande che risuonano dentro di noi e sapere che Gesù pone su di noi il suo sguardo di amore, è essenziale per prendere la direzione che Gesù ci propone per trovare noi stessi e la vita piena ed eterna.

Don Momigli

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