Don Giovanni Momigli

Omelia Domenica 11 agosto 2024

Diciannovesima domenica Tempo Ordinario Anno B (1Re 19,4-8   Sal 33   Ef 4,30-5,2   Gv 6,41-51)

Dopo duemila anni di celebrazione eucaristica, le parole di Gesù sul suo essere pane di vita, al nostro orecchio suonano certamente più comprensibili – ma è poi vero? – di quanto potevano risuonare all’orecchio dei suoi contemporanei, specialmente dei suoi compaesani e dei Giudei.

Appare difficile non comprendere la posizione di coloro che non riescono a capire come potesse essere pane disceso dal cielo uno di cui conoscono bene le origini: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?» (Gv 6,42).

E poi c’è la questione che il pane e la parola, come doni divini, sono beni troppo preziosi per essere distribuiti a chiunque senza filtri, senza passare per il giudizio, spesso rigido ed escludente, di chi, avendo studiato la Scrittura o svolgendo un ruolo sacerdotale, decide per gli altri ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, cosa può venire dal Cielo e cosa no.

Quest’atteggiamento è tipico di chi riconduce tutto al banale e, anziché aprirsi alla novità di Dio, si schiaccia nella rigida mentalità umana, che pone e risponde a domande sbagliate e diviene incapace di capire i segni dei tempi e l’azione dello Spirito.

Prendendo spunto dall’ultima intervista del cardinale Carlo Maria Martini, nella quale afferma che la Chiesa è indietro di duecento anni, una domanda che – come Chiesa – rende incapaci di capire i segni dei tempi e l’azione dello spirito, può essere questa: i divorziati conviventi o risposati possano fare la Comunione? Domanda che oggi, finalmente, è stata più correttamente riformulata capovolgendola: come può la Chiesa essere di aiuto con la forza dei sacramenti a chi vive situazioni familiari complesse?

Questo capovolgimento della domanda non significa che va bene tutto, ma fa ritrovare alla Chiesa la sua finalità: annuciare il Regno di Dio per il bene delle donne e degli uomini di ogni tempo.

Ciascuno di noi è diverso. E questa nostra diversità può essere un ponte o un muro, nei confronti degli altri e nei confronti di Dio. Tutti, però, ciascuno nella propria diversità, siamo chiamati a uscire da noi stessi, ad aprirsi a quella trascendenza che sembra smarrita, tanto siamo chiusi nelle nostre piatte e piccole visioni.

Le parole di Gesù aprono nuovi orizzonti, mettono criteri diversi, tolgono paletti e infrangono i limiti messi da visioni statiche e chiuse perfino del Vangelo.

Gesù non parla alle persone per convincerle con argomenti di ragione, con discorsi razionali, ma per chiamarle alle fede.

A credere in Gesù pane di vita non si arriva attraverso la sola ragione, ma tramite la fede, che è in sé stessa relazione. Senza una relazione con Dio non ci si apre alla fede e non si comprende Gesù: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44).

L’attrazione di cui parla Gesù non è un sentimento evanescente e fugace: è Dio Padre che opera nel nostro intimo alimentando quella fame profonda che non trova sazietà in niente di ciò che è solo umano.

È il Padre che dona la vera “conoscenza” di Gesù, chiedendo di andare oltre le umane conoscenze, le nostre idee e i nostri mondi di pensiero e di lasciare spazio alla sua rivelazione.

Abbiamo fame di Dio, colui che può saziare agni nostra attesa più profonda. E lo fa nella libertà di una relazione: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

Nessuno ha meriti sufficienti, di natura o di bravura, per accreditarsi davanti a Dio, per conquistarsi premi e ricompense. Tutti siamo sufficientemente poveri da non avere abbastanza risorse per salvarci da soli; tutti siamo sufficientemente ricchi da poter ricevere la grazia di essere attratti dall’amore del Padre.

Ci farà bene, come usa dire Papa Francesco, ricordare che non ci sono accessi preferenziali alla grazia di Dio e che il Padre non distribuisce i suoi doni secondo i presunti meriti di ciascuno.

La Buona notizia non è amate, ma siete amati. Gesù è pane di vita per tutti e chiunque crede in lui ha la vita eterna, che è vita piena e già presente, proprio perché eterna.

Don Momigli

condividi questo post

Facebook
Twitter
Pinterest