Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 10 marzo 2024

Quarta domenica di Quaresima anno B: 2Cr 36,14-16.19-23   Sal 136   Ef 2,4-10   Gv 3,14-21

I nostri attaccamenti e le nostre priorità emergono in modo più chiaro quando ci troviamo a vivere una fase di forte difficoltà, quando attraversiamo momenti particolarmente bui, quando siamo alla ricerca di una strada da percorre. In queste situazioni emerge anche l’idea che abbiamo di Dio, l’idea che abbiamo su noi stessi, l’idea che abbiamo della dimensione comunitaria e sociale del nostro vivere.

Come gli ebrei nel deserto, che sperimentano le ferite di serpenti velenosi a causa della visione errata che hanno di Dio e nel rapportarsi con lui, prima o poi ciascuno di noi si imbatte in serpenti velenosi che insidiano e avvelenano l’esistenza, indipendentemente dal modo con cui vengono chiamati: orgoglio, invidie, risentimenti, tradimenti, voglia di prevalere, rischio di essere dominati, fallimenti, emarginazioni…

E come succede a Nicodemo, che sta inseguendo le sue domande, animato dal dubbio, perché forse la sua fede non risponde più alle esigenze del suo cuore, se siamo onesti con noi stessi, prima o poi sentiamo la necessità di cercare un modo nuovo di credere, di amare, di sperare, perché quello che viviamo non lo percepiamo più come significativo.

Come per gli israeliti e per Nicodemo, anche per noi c’è la necessità di un cambio di prospettiva e di un cambio passo, che Gesù descrive come passaggio dalle tenebre alla luce, dal dubbio alla verità, dalla paura alla vita.

Il passaggio vero e definitivo dalle tenebre alla luce, che segna anche il passaggio dalla rassegnazione – se non addirittura dalla disperazione – alla speranza, è dato dalla morte e risurrezione di Cristo.

Guardando al Cristo crocifisso, che umanamente è un non senso, tutto riceve senso, tutto viene ricondotto nel mistero di salvezza: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

La nostra esistenza può essere la più diversa – onorata, eroica, nobile, povera, pusillanime, sconfitta, umiliata – ma Dio ama e si è fatto vicino a questa nostra storia e la croce di Cristo è il grande segno di questa vicinanza e di quest’amore.

«Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.» (Gv 3,15). Innalzarsi, di solito, significa affermarsi umanamente, avere potere. Per Gesù, invece, c’è tutt’altro significato ed è a questo che dobbiamo riferirsi.

Nonostante i nostri tentativi, non siamo noi che ci possiamo davvero innalzare: in Cristo innalzato da terra, ossia umanamente sconfitto e crocifisso, la nostra vita è chiamata ad elevarsi, a conformarsi alla sua vita eterna.

Credere in Gesù Cristo non significa limitarsi ad accogliere il suo messaggio di umana fraternità e di amore, ma anche e prima di tutto credere al suo essere Figlio di Dio e alla sua morte e risurrezione. Non dimentichiamo mai quello che dice l’apostolo Paolo: «Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini» (1 Cor 15,19).

Non si tratta di disprezzare l’esistenza in questo mondo, siamo anzi chiamati a viverla attivamente e pienamente. Si tratta, piuttosto, di guardare a Cristo per trovare il vero senso di questa vita, troppo spesso segnata dal male, e di aprirci alla vera speranza.

La speranza cristiana non consente di vivere come i bambini, che sperano sempre che ci sia qualcuno a toglierli dai guai. Questo modo di concepire la speranza è distorto, egoistico e, in ultima istanza, fallimentare. E comunque non ha niente a che vedere con la speranza cristiana, che va oltre l’orizzonte terreno e che nasce dalla fede in Gesù Cristo.

La speranza che nasce contemplando la croce di Cristo, spinge a farsi carico delle responsabilità, ma tenendo presente che non si può avere il controllo totale su tutto. Non siamo Dio. Siamo persone chiamate a lasciarsi stupire da Dio che ci inonda del suo amore.

Nel dialogo con Nicodemo Gesù dice ciò che è essenziale: Dio ha tanto amato il mondo… E in questo amore la luce vince sulle tenebre, la vita va oltre la morte, nello Spirito si può rinascere.

Don Momigli

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