Don Giovanni Momigli

Omelia domenica 1° settembre 20224

Ventiduesima domenica Tempo Ordinario Anno B (Dt 4,1-2.6-8 * Sal 14 * Giac 1,17-18.21-22.27  *Mc 7,1-8.14-15.21-23)

Sulle steppe di Moab, Mosè rivela che Dio, attraverso la Legge, intende stringere una relazione con tutto il popolo, per donargli vita e sapienza. Anche le altre nazioni riconosceranno che Israele è speciale per la sua fede in Dio e per la giustizia delle sue leggi.

Consegnando la Legge di Dio, però, Mosè mette in guardia il popolo, con un monito chiaro: «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo» (Dt 4,2).

Queste parole di Mosè testimoniano che è antica la tentazione di addomesticare la parola di Dio, di “difendersi” dal suo senso autentico e sconvolgente, quando ai nostri occhi appare troppo esigente. Una difesa che spesso si serve di una strategia subdola: anziché rifiutare esplicitamente la Parola, preferiamo accoglierla in apparenza, per poi svuotarla con interpretazioni, aggiunte e trasformazioni, che finiscono per stravolgere il vero significato.

Basta pensare a tutte quelle persone che fanno l’adorazione eucaristica, ma non partecipano alla Messa, motivando col fatto che vanno quando vogliono. Adorare Gesù presente nel pane eucaristico non è un atto di devozione, ma chiamata a lasciarsi plasmare dalla logica eucaristica, che consiste nel dono di sé fino alla disarmata esposizione di sé stessi come pane offerto alla fame degli altri.

La verità cristiana o conduce a farsi carico di tutto quello di cui Dio stesso si fa carico, oppure si tratta di una religiosità più fondata sulla forma che sulla conversione del cuore.

Il Vangelo di oggi ci parla proprio di una situazione religiosa che punta sulla forma e l’apparenza. I discepoli di Gesù vengono accusati dai farisei e dagli scribi di non seguire alla lettera le forme dei riti religiosi ebraici, secondo la tradizione del tempo: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?» (Mc 7,5).

Questa domanda rappresenta per Gesù l’occasione per andare al cuore della Legge e al cuore di ogni persona: è nel cuore che si coltivano pensieri e intenzioni buone e malvagi.

Gesù si scaglia senza mezzi termini nei confronti di una religiosità che si basa sulle forme e smarrisce la sostanza: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto… trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini» (Mc 7,6-7).

Il richiamo al cuore – che è il luogo della decisione, della verità e dell’incontro – spinge verso una religiosità matura, necessaria alle donne e agli uomini di ogni tempo, per abitare il mondo con responsabilità, senza sfuggire alle sfide che ogni tempo pone.

La fase storica nella quale viviamo richiede grande maturità anche nella fede, per la complessità delle sfide che siamo chiamati ad affrontare

Dobbiamo però prendere atto che una certa ricerca intimistica e un diffuso sentimentalismo spirituale, rischiano di ridurre il rapporto con i sacramenti ad atti tendenti alla ricerca del proprio esclusivo benessere spirituale e della propria salvezza individuale.

Si matura nella fede se si cerca di guardare le cose con gli occhi di Dio e se ci si apre alla relazione di prossimità, come insegnano le letture di oggi.

Si matura nella fede se, come dice il salmo che abbiamo pregato, camminiamo nell’integrità, pratichiamo la giustizia e diciamo la verità che abbiamo nel cuore (cfr. Sal 14,2).

Si diviene adulti nella fede se abbiamo ben presente quello che dice l’apostolo Giacomo: «Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo» (Gc 1,27).

La religione rimane in superficie e divide tra puri e impuri, fedeli e infedeli. La fede purifica il cuore. Con la fede il cuore cresce verso più amore, più coscienza, più libertà.

Se non si evangelizza il cuore, temeremo quello che sta fuori di noi e continueremo a lavare manie e stoviglie, accendere limini e incenso, senza mai lasciarci raggiungere dalla verità su noi stessi e su Dio.

Don Momigli

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