Don Giovanni Momigli

Omelia Badia Fiorentina Mercoledì 29 maggio 2024

Mercoledì Ottava Settimana Tempo Ordinario, anno pari (1Pt 1,18-25   Sal 147   Mc 10,32-45)

«Ogni carne è come l’erba e tutta la sua gloria come un fiore di campo. L’erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola del Signore rimane in eterno» (1Pt 1,23-24). In questa frase c’è la constatazione della fragilità e della pochezza di ogni persona umana e la solidità che viene della fede.

Lo splendore dell’erba dei campi è cosa effimera: un palpito di bellezza di cui ci si può rallegrare per poco tempo. Se la vita umana si esaurisse davvero nella prestanza fisica, nelle capacità manuali, intellettive, artistiche e nell’essere apprezzati dagli altri, pur nella sua positività, sarebbe anch’essa effimera.

La parola di Dio ci svela chi siamo, la nostra insondabile grandezza, la nostra vocazione all’amore, il nostro orizzonte eterno. È su questa parola che dobbiamo fondare l’esistenza ed è di questa parola che siamo chiamati a farci gioiosi annunciatori.

Fondare la vita sulla parola di Dio e orientare tutto alla sua luce non significa affatto trascurare o perfino disprezzare ciò che di bello e di buono il presente ci offre. Proprio la parola di Dio ci invita a valorizzare e gestire con sollecitudine e intelligenza quanto ci è donato e quanto è frutto del lavoro e dell’ingegno umano, ponendo così il nostro “mattone” per l’edificazione della città terrena.

Nessuno, però, può mai sentirsi al sicuro dalla logica dell’apparenza e dell’accaparramento, che rischia di trasformare perfino il discepolato e il vangelo in una competizione per i primi posti, come testimonia il brano del vangelo di oggi.

Paradossalmente la superbia e la tendenza ad apparire può nascondersi anche negli ideali di povertà, verginità, obbedienza, giustizia, umiltà, solidarietà. Questo accade quando ci troviamo in ambiti sociali, culturali e religiosi che esaltano scelte e atteggiamenti conformi all’uno o all’altro ideale; quando le prove, anziché essere una vera croce che fa soffrire, anche per le incomprensioni, diventano occasione di riconoscimenti.

La vita è molto di più che ricevere applausi e sorrisi: è stare al mondo in pienezza, nella verità e nella libertà dei figli. È pienezza data dalla relazione: relazione di figli col Padre, relazione di fratellanza con gli altri.

Gesù cammina deciso verso Gerusalemme. Per tre volte annuncia ai Dodici ciò che gli accadrà. Dopo ogni annuncio, l’evangelista Marco mette in evidenza l’incomprensione dei discepoli, che non recepiscono quello che Gesù dice e continuano con i loro discorsi e le loro ambizioni.

Nel brano di oggi, Gesù per la terza volta pone davanti ai suoi la sorte che lo attende. E Giacomo e Giovanni, due discepoli della prima ora che hanno lasciato tutto per seguirlo, gli fanno una richiesta che non è certo in sintonia con le parole pronunciate da Gesù: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,37).

Con la loro richiesta mossa dall’ambizione, Giacomo e Giovanni vogliono passare avanti anche a Pietro e snaturano l’essenza della relazione con Gesù, perché si rivolgono a lui come fosse un esecutore di desideri mondani.  Del resto, quando diventiamo schiavi dei nostri desideri, si falsificano i rapporti e si diviene nemici degli altri.

Avendo sentito, gli altri dieci si indignano contro le pretese di Giacomo e Giovanni, non perché ritengono la loro richiesta fuori luogo, ma perché hanno osato chiedere quello che anche loro pensavano.

Dopo aver colloquiato con Giacomo e Giovanni, senza che essi capiscano fino in fondo il suo ragionamento, Gesù raccoglie a sé i dodici, non per rimproverarli, ma per chiarire ulteriormente il suo insegnamento.

Partendo dalla constatazione che l’esercizio del potere nel mondo spesso porta chi lo detiene a spadroneggiare, Gesù indica la via positiva del servizio: «chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,43-44).

La strada indicata da Gesù è la stessa che lui sta percorrendo: «Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» Mc 10,45).

Coltivare l’ambizione mondana porta sempre fuori strada, anche se si fanno cose buone; anche se si cammina vicini a Gesù

Solo se sentiamo che Cristo è l’unico necessario – per usare le parole di una preghiera di Paolo VI in questo giorno in cui celebriamo la memoria liturgica – il nostro cuore non si allontana da lui.

Don Momigli

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