Don Giovanni Momigli

Omelia Badia Fiorentina Mercoledì 13 marzo 2024

Mercoledì quarta settimana di Quaresima (Is 49,8-15   Sal 144   Gv 5,17-30)

In una prospettiva pasquale, la liturgia di oggi legge l’oracolo di Isaia riferendolo al Messia: «Ti ho formato e posto come alleanza per il popolo, per far risorgere il paese, per farti rioccupare l’eredità devastata» (Is 49,8).

Al di là delle interpretazioni esegetiche, sulle quali si misurano gli specialisti, mi pare che dalle parole della prima lettura emerga un chiaro e attuale appello anche per noi.

Le difficoltà e le ombre, personali e collettive, ci sono sempre state, hanno sempre accompagnato il cammino di ogni persona e di ogni comunità, anche se quelle che ci troviamo a vivere in questa fase storica sembrano più grandi e più forti, perché ci siamo immersi.

Da qualsiasi situazione si può risorgere, se non ci si lascia travolgere dal pessimismo; se ci si impegna a portare il proprio mattone, cominciando dall’ambito in cui si vive; se si confida che Dio è sempre amorevolmente presente.

A chiunque risponde alla sua chiamata, Dio affida il dono e il compito di testimoniare che lui è sempre all’opera, come dice Gesù ai Giudei che lo contestano per aver guarito un paralitico in giorno di sabato: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco» (Gv 5,17).

L’amore del Padre si è reso visibile in quello del Figlio e si manifesta in coloro che credono. La vicinanza misericordiosa di Dio non abbandona mai i suoi figli, neppure quelli ribelli, ma c’è sempre bisogno di qualcuno che si faccia strumento per rendere presente questa misericordia.

Qualsiasi sia la nostra condizione, l’ascolto della parola di Gesù e la fede in Colui che lo ha mandato è il fondamento di tutto.

Questa verità di fede va coltivata nel nostro cuore, per aprirci al dono di Dio e per essere liberati da ogni traccia di volontarismo, che apre la porta a pericolose forme di ateismo pratico, anche se avvolte di un manto religioso.

Una forma di ateismo pratico la viviamo quando, di fatto, diamo più valore al nostro impegno, alla nostra fedeltà, alle pratiche religiose e alle buone azioni, che all’ascolto della parola di Dio: «Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24).

Una forma di ateismo pratico è anche quella tendenza a plasmare la vita delle persone, o a lasciarsi plasmare, sulla base del pensiero prevalente, di una certa uniformità religiosa, di una particolare appartenenza.

Il Signore ci ha creati unici e nella nostra unicità ci ha chiamati: questa unicità diviene feconda se si lascia plasmare da Cristo, che la valorizza per il bene di tutti.

Avendo visitato da poco, ad Assisi, il Santuario della Spogliazione, dove si trova il corpo del Beato Carlo Acutis, mi viene alla mente il suo significativo e attuale motto, “Tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie”, pensando quanto sia terribile tradire la nostra vocazione lasciandosi assorbire dal conformismo dell’ambiente in cui viviamo. Il rischio del conformismo, che svuota la nostra unicità, è presente ovunque, anche nelle comunità religiose.

Gesù è in perenne imitazione del Padre, dicendo e facendo ogni cosa in perfetta obbedienza. Non si tratta di una dipendenza che svuota l’unicità del Figlio, bensì di intima comunione: «Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste» (Gv 5,20).

La consapevolezza dell’amore invincibile e incrollabile del Padre e con il Padre, ha dato a Gesù la forza per affrontare il rifiuto, l’umiliazione e la morte.

Coltivare e amare l’intimità con Dio Padre è l’essenza della nostra fede e della nostra vita. E la relazione di comunione fra Gesù e il Padre rappresenta il paradigma della nostra relazione con Gesù e della relazione che siamo chiamati a vivere fra noi, anche quando questa relazione è religiosamente costituita sul piano gerarchico.

«Viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce» (Gv 5,28). Questo annuncio di Gesù tocca la nostra esperienza quotidiana di persone continuamente chiamate a una fiducia nella vita, che non sarebbe possibile senza una rinnovata fiducia in un amore che ci precede, ci accompagna, ci attende.

Don Momigli

condividi questo post

Facebook
Twitter
Pinterest