Don Giovanni Momigli

Omelia Badia Fiorentina 30 marzo 2022

Mercoledì quarta settimana di quaresima: Is 49,8-15   Sal 144   Gv 5,17-30

Alla base del messaggio biblico c’è un Dio che va alla ricerca di un popolo, lo libera e lo unisce a sé in un rapporto d’amore.

Questo rapporto d’amore, viene descritto dagli ultimi due versetti della prima lettura, con una delle espressioni più belle e significative dell’Antico Testamento.

L’amore materno fa sì che una madre sempre abbia cura della propria creatura, fino a dare la propria vita. In qualche rarissimo caso, però, una donna può anche arrivare ad abbandonare il proprio figlio.

Isaia prende proprio in considerazione questo caso-limite, che l’esperienza umana conosce, come confermano anche le cronache dei nostri tempi, per dirci che l’amore di Dio non ha limiti, che è più tenero e sicuro di quello di una madre: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15).

In questa riflessione appassionata sulla tenerezza dell’amore divino, emerge non un Dio che si impone con la sua potenza infinita e che esige un’obbedienza servile, ma un Dio che si fa vicino, che interviene in forza di un amore tenero e materno e che domanda di essere amato.

Alla luce della visione di Dio presentata dalla prima lettura, possiamo dire che la fede nel Dio biblico fonda e domanda l’amore e, con esso, anche l’impegno responsabile per costruire un mondo migliore, in cui predomini fraternità e solidarietà.

Sempre alla luce della visione di Dio offerta dal brano di Isaia, possiamo interpretare le parole di Gesù, che l’evangelista Giovanni riporta come risposta ai Giudei che lo contestavano per aver guarito un paralitico il giorno di sabato (cfr Gv 5,1-16).

La vita e la missione di Gesù si svolgono nella contemplazione del Padre, che opera e agisce sempre per il bene e la vita dell’uomo.

Gesù si presenta come riflesso del Padre e afferma che la sua opera è espressione della vicina e costante azione del Padre che si prende cura di tutti e di ciascuno.

Operare per dare a ogni persona vita e libertà interiore, non è trasgredire il precetto del sabato, ma rappresenta, invece, la sua realizzazione, perché compie la volontà del Padre.

Per la tradizione rabbinica, solo Dio era dispensato dal riposo del sabato. Operando in giorno di sabato a favore della vita e dichiarandosi Figlio di Dio, in costante relazione col Padre, Gesù dice di sapere e di vedere come Dio agisce, di essere e di comportarsi come lui: «Il Padre mio opera continuamente e anch’io opero» (Gv 5,17).

Con queste parole, l’evangelista Giovanni chiarisce che la discussione di Gesù sul sabato non si focalizza solo e tanto sulla interpretazione della legge del riposo, ma sulla sua personale autorità, sulla sua identità.

Già in precedenza Gesù ha parlato di Dio come Padre, ma ora dice molto di più: si dichiara Figlio, si fa uguale al Padre.

I presupposti teologici per cui Gesù verrà condannato ed ucciso come bestemmiatore li ritroviamo tutti in questo brano: il sabato e il farsi figlio di Dio.

Farsi uguale a Dio può richiamare il peccato di Adamo. Il peccato di Adamo, però, non è stato farsi uguale a Dio, ma quello di voler diventare Dio senza Dio, contro Dio. Il peccato di Adamo consiste nell’aver cercando di “rapire”, quello che si può ricevere solo come dono.

Un dono che Dio Padre ci ha fatto in Gesù Cristo. Per natura siamo creature di Dio. Figli lo siamo per grazia: figli nell’«unigenito Figlio di Dio … generato, non creato, della stessa sostanza del Padre», come confessiamo nel Credo.

Resi figli nel Figlio, siamo chiamati a vivere la nostra relazione con lui a imitazione di quella che lui ha col Padre, come ci descrive il vangelo di oggi.

Ogni volta che saremo strumenti di bene, di pace e di vita, agiremo come Cristo ha agito e faremo la volontà del Padre. Ma per agire come Cristo occorre tenere fisso lo sguardo su di lui, nutrirci della sua parola e del suo corpo, lasciare che nel nostro parlare e nel nostro agire sia lui a parlare e operare.

Viviamo la grandezza del nostro essere figli nella certezza che, in Cristo, camminiamo in comunione con Dio Padre, che mai si dimentica di noi.

Don Momigli

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