- Mercoledì seconda settimana per annum: 1Sam 17,32-33.37.40-51 Sal 143 Mc 3,1-6
Golia, il Filisteo, di Gat, incute timore e tremore (cfr 1Sam 17,23-24). Ma il giovane Davide non trema di fronte a lui. L’esperienza di pastore lo ha portato a lottare anche con i leoni e gli orsi, per proteggere le sue pecore.
Davide non teme Golia anche e primariamente perché in lui c’è la consapevolezza che è il Signore a liberare dai pericoli; la certezza che il Signore non abbandona chi si rivolge a lui con fiducia.
Davide lotta con Golia e lo vince senza indossare un’armatura che lo espropria di quello che lui è, ma affrontandolo con quello che gli è proprio: la fiducia in Dio, una fionda e dei ciottoli lisci.
Come Davide, per il bene del suo popolo, ha affrontato e abbattuto Golia con quello che lui era, noi possiamo affrontare e battere le tentazioni del demonio con quello che siamo: coltivando la nostra personalità e custodendo la grazia del Battesimo, nutrendoci della parola e del pane di vita e mettendo a frutto i doni che il Signore ci ha dato per l’utilità comune (cfr 1 Cor 12,7).
Dobbiamo però saper riconoscere le tentazioni che il demonio pone sul nostro cammino per farci cadere anche senza combattere. Tentazioni che spesso si presentano rivestite di apparente buon senso umano e anche con connotazioni religiose, come del resto è avvenuto per Gesù nel deserto.
Fra le tentazioni ben camuffate possiamo ricordare quella con la quale il demonio cerca di svuotare l’identità di ciascuno e di minare la relazione col Signore, facendo passare come atto di libertà affermazioni ideologiche che recidono «i legami della ragione umana con la realtà oggettiva delle cose» e quella che «in nome della protezione delle diversità… finisce per cancellare il senso di ogni identità» (Papa Francesco, 10-1-2022, Discorso al Corpo diplomatico)
La tentazione si può presentare anche sotto forma di purezza religiosa che si esprime con un fondamentalismo che di fatto allontana da Dio e dalla stessa ragione, perché allontana dagli altri, come appare chiaramente dal vangelo che abbiamo ascoltato.
Nel brano del vangelo ascoltato ieri, ai farisei che accusavano i discepoli di violare il sabato, Gesù ha detto che «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Mc 2,27).
Oggi è Gesù stesso a violare il precetto sabbatico, secondo l’interpretazione data dai cultori della legge, i quali dicevano che era proibito curare in giorno di sabato, perché curare un malato era come lavorare.
Questa interpretazione è svuotata della dimensione relazionale, che è sempre indispensabile nel pensare sé stessi e la relazione con Dio.
E poi, chi è toccato dal male deve stare al centro dell’attenzione della comunità, come sembrano suggerire le parole di Gesù quando vede un uomo con una mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!» (Mc 3,3).
La domanda che Gesù pone ai presenti, aiuta a leggere la situazione da un’angolazione molto diversa da quella dei cultori della legge: «è lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?» (Mc 3,4).
Se Gesù avesse chiesto: in giorno di sabato è permesso curare? In base all’interpretazione data del precetto, la risposta sarebbe stata chiara: no. Così posta, però, non riescono a rispondere alla domanda e tacciono.
Per Gesù, “curare” non è sullo stesso piano del lavorare, ma su quello del “fare il bene”, di “salvare una vita”.
Sanando l’uomo dalla mano paralizzata, Gesù contesta che la legge debba essere considerata al di sopra del bene delle persone. La legge è dono di Dio per l’uomo, non una morsa che può arrivare a strangolarlo
La decisione dei farisei e degli erodiani, di uccidere Gesù, dimostra, invece, che la loro interpretazione ideologica della legge è al di sopra della vita.
E dimostra, come scrive Luigino Bruni commentando Osea, che ogni ingiustizia, data dal non rispetto dell’altro, è idolatria (cfr Avvenire 9-1-22).
In questa logica, possiamo dire che non solo l’interpretazione ideologica della legge è idolatrica, ma che è idolatrica anche «la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali – sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (μονάς), sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé» (Francesco, Discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo 14/11/2014).
Sia la visione ideologica della legge sia la visione ideologica della supremazia di sé stessi su tutto e tutti, ci dicono che per vivere la dimensione relazionale con la quale il Signore ci ha creati, occorre uscire dalla valle dell’eco, che ci fa udire solo le nostre parole, e togliere gli specchi dalla nostra vita, che ci fanno vedere solo la nostra immagine.
La tentazione dell’ideologia, anche quando è vestita religiosamente, può essere vinta solo vivendo concretamente il nostro “essere per”, che ci fa spostare lo sguardo da noi stessi e dalle nostre visioni, per volgerlo sul volto di Cristo e sul concreto volto dei fratelli, a partire dai più piccoli e deboli.