Mercoledì Settima di Pasqua – San Giustino, filosofo e martire: At 20,28-38 Sal 67 Gv 17,11-19
Con il discorso di addio di Gesù durante l’ultima cena, espresso in forma di preghiera, la liturgia ci presenta anche una parte del discorso di congedo che, in forma di ammonimento, Paolo rivolge agli anziani della Chiesa di Èfeso, convocati a Mileto.
La preghiera di Gesù esprime un aspetto specifico dell’amore, quello di voler proteggere chi si ama, però, suggerisce anche un particolare sguardo sulla vita e da che cosa è importante essere protetti e proteggere.
La nostra tendenza a proteggere spesso ci porta a voler preservare le persone che amiamo, non solo dai problemi, ma anche dalla vita stessa, col rischio di non aiutarle nella loro maturazione e di soffocarle nella loro libertà.
Il vero educatore non cerca di preservare le persone che educa dai problemi della vita e dalle difficoltà che comporta compiere scelte significative, ma cerca di rafforzarle nella loro personalità, di prepararle ad affrontare gli inevitabili ostacoli che si incontrano lungo il cammino, rimanendo ben radicate in solidi valori e avendo un chiaro orizzonte di riferimento.
Gesù non chiede al Padre di togliere i suoi discepoli dal mondo, dalla drammaticità della vita, perché, pur non essendo «del (dal) mondo» (Gv 17,16), non devono estraniarsi dal mondo.
Del resto sono, e anche noi siamo, discepoli del Verbo che si è fatto carne ed è venuto «ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14), assumendo fino in fondo la realtà umana.
Gesù chiede al Padre che i suoi discepoli, quelli di allora e quelli di tutti tempi, siano preservati, custoditi «dal Maligno» (Gv 17,15).
I discepoli sono custoditi dal Padre, ma sono anche chiamati a vegliare su sé stessi e a custodire il gregge che è stato loro affidato (cfr At 20,28), prestando attenzione alle persone con le quali nel corso della vita entrano in contatto e che comunque guardano a loro in quanto discepoli di Gesù.
Ogni persona è preziosa agli occhi di Dio e una vera guida deve saper prendersi cura del gregge nella sua interezza, ma anche di ciascun membro, perché non entrino «lupi rapaci» (At 20,29) e perché nessun membro del gregge, possa pervertirsi.
La guida deve saper vegliare anche su sé stessa, per non rischiare di pervertirsi essa stessa, ad esempio prendendo una deriva verso la quale può facilmente portare l’avere intorno persone che ci lodano, che apprezzano i doni che il Signore ci ha dato, che ci cercano come punti di riferimento.
L’essere cercati dalla gente può portare a vivere il proprio ruolo di guida abbassando il livello per attrarre ancora più persone, adeguandosi all’opinione corrente, per seguire la moda, anche spirituale, che in quel momento sembra prevalere.
L’essere un apprezzato punto di riferimento può anche portare a vivere il proprio ruolo di guida prendendosi così tanto sul serio da arrivare perfino a pensare che quel che proviene da noi è conforme alla volontà di Dio.
Custoditi dal Padre, dobbiamo custodire noi stessi con umiltà e custodire le persone affidateci nel cammino della vita, senza il fuoco della fretta, ma anche senza farci assorbire da una statica routine.
Camminare nel mondo, senza essere dal mondo, impegna in una costante ricerca, per una sempre più profonda conoscenza di Dio e di noi stessi, seguendo le ispirazioni dello Spirito, perché è lui che, attraverso le diverse opportunità che mette sul nostro cammino, ci guida alla «verità tutta intera» (Gv 16,13).
Lo Spirito ci guida a quella verità che è frutto dell’incontro col Dio vivo e vero, come testimonia la vita di Giustino, filosofo e martire, di cui oggi facciamo memoria.
Come sappiamo, Giustino ha aderito alla fede cristiana al termine di un lungo itinerario filosofico di ricerca della verità. Per Giustino, come scrive in una sua lettera, il cristianesimo è la manifestazione storica e personale del Logos nella sua totalità e che da questo ne consegue che «tutto ciò che di bello è stato espresso da chiunque, appartiene a noi cristiani» (2 Apol. 13,4).
L’apprezzamento di quanto di buono e di bello è stato prodotto dall’anima e dal pensiero umano, la ricerca continua e il discernimento, unitamente all’ascolto della parola del Signore e alla preghiera, ci aiutano a rafforzare la nostra fede e a vegliare su noi stessi e sugli altri.
San Giustino, incarcerato e decapitato come ateo per aver creduto in Cristo, interceda per noi.