Don Giovanni Momigli

Nella stagione che si aprirà dopo l’emergenza i cristiani devono esserci – Toscana Oggi 5 aprile 2020

La quarantovesima Settimana sociale dei cattolici italiani (Taranto 4-7 febbraio 2021) parte dalla considerazione che«non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (L.S, 139), come esplicitato dal tema,

«Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso», e dai Lineamenta, (www.settimanesociali.it) che, come diocesi, avremmo dovuto presentare a Firenze lunedì 30 marzo.

La presentazione, ovviamente, non è stata fatta – così come non potrà essere celebrata la Messa per le persone impegnate in ambito sociale e politico, programmata per il 7 aprile -, ma la preparazione può cominciare, ad esempio riflettendo sui Lineamenta (scaricabili dal sito www.settimanesociali.it) alla luce di quanto in queste settimane stiamo vivendo a causa del Covid-19.

Lo ripetiamo continuamente: quello che stiamo vivendo, cambierà tutto. I segni sono già evidenti in ogni ambito, anche ecclesiale, ma la direzione che prenderemo è difficile da immaginare, immersi in questa pandemia e senza sapere quando, di fatto, ne saremo fuori. Sicuramente il modo con cui sappiamo vivere l’oggi, può dirci molto su come affronteremo il domani.

Anzitutto, assieme alla nostra vulnerabilità, sperimentiamo che l’individualismo e l’autoreferenzialità di ogni tipo sono un’astrazione: tutto è davvero interconnesso, Questo ci richiama con forza all’etica della responsabilità, giacché le nostre scelte, le nostre azioni e i nostri stili di vita, direttamente o indirettamente, coinvolgono anche gli altri.

Come per affrontare l’emergenza sanitaria, siamo chiamati tutti a fare la nostra parte, perché non se ne esce da soli, saremo pure chiamati tutti alla responsabilità pubblica, a partire dai soggetti collettivi, in primis le forze politiche, per affrontare con efficacia le sfide che ci stanno davanti. Le sfide che avevamo prima della pandemia e quelle nate a causa della pandemia, come l’enorme impatto sul tessuto sociale ed economico italiano, senza però trascurare le ferite di famiglie e comunità.

Riferendosi alla crisi economica del 2008, Papa Benedetto XVI, nella Caritas in veritate, scriveva: «La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità» (n°21). Discernimento e progettualità, che per la verità hanno scarseggiato.

Nella stagione che si aprirà dopo l’emergenza, i cristiani devono esserci, ciascuno con le proprie scelte e le proprie competenze, affinché questa nuova fase possa davvero caratterizzarsi da un serio discernimento e dall’affermarsi di una nuova progettualità.

La sospensione delle quotidiane attività anche ecclesiali e il forzato «digiuno eucaristico», se vissuti con la preghiera e la riflessione, personale e familiare, nutrendosi in abbondanza della parola di Dio, potranno aiutarci a ricercare l’essenziale; a farci riscoprire, o addirittura scoprire, il valore e il fondamento del nostro essere comunità; a renderci liberi da quei rigidi schemi di parte che impediscono di porsi nello spazio pubblico da cattolici, ossia con un respiro universale nella riflessione e nella proposta.

T.O. L’osservatore Toscano 5-4-20

Don Momigli

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