Don Giovanni Momigli

Meditazione 22 gennaio 2023: «La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17)

Solo se siamo ascoltatori assidui potremo davvero essere, non semplici ripetitori, ma veri annunciatori della Parola.

L’ascolto è la condizione della fede. Senza ascolto possiamo certamente credere in un Dio, ma senza ascolto della Parola biblica non si può credere in Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo (cfr Ef 1,3; 1 Pt 1,3).

La fede in Gesù, morto e risorto, è un dono che raggiunge chi non è centrato su sé stesso, su chi è capace di ascolto, su chi è disponibile ad accogliere l’annuncio di salvezza.

L’ascolto della Parola di Dio educa il cuore ad entrare in relazione profonda con le persone e con gli eventi della storia: Dio parla ancora attraverso le Scritture e la vita concreta.

Nonostante che in questo nostro tempo si viva sommersi dalle parole, sembra che la propensione venga data alla visione, all’immagine. Entrambe le condizioni – la molteplicità di parole e il primato dell’immagine – non aiutano a coltivare il senso dell’ascolto.

Dio è invisibile, si manifesta e ci incontra specialmente attraverso la Parola. Si è reso visibile in Gesù Cristo e  oggi ci raggiunge con la sua parola. Anche per vedere Cristo risorto nel pane eucaristico è necessaria la parola della fede e la parola che consacra, invocando sul pane e sul vino lo Spirito Santo.

La religione biblica è fondata sulla rivelazione di Dio che – come dice la Dei Verbum – «comprende eventi e parole intimamente connessi» (DV, 2).

Dio interviene e agisce nella storia: parla all’uomo, lo chiama ad un rapporto di comunione di vita con lui, dove l’ascolto della parola diviene di primaria importanza.

Per la Bibbia, il vero credente è chi si coinvolge; è la persona che si apre all’ascolto, accoglie questa Parola e poi risponde.

Il comando alla radice di ogni altro comando, perfino di quello che pone il primato di Dio e l’amore per lui, è ascoltare: «Ascolta, Israele» (Dt 6,4).

Nel Vangelo, la voce di Dio, che si fa udire alla Trasfigurazione di Gesù, comanda: «Questi è il Figlio mio, il prediletto: ascoltatelo!» (Mc 9,7; Cfr. Mt 17,7; Lc 9,35). E Paolo ai Romani dice che la fede nasce dall’ascolto (Rm 10).

Se la fede nasce dall’ascolto, il pericolo più grave per noi è quello di non ascoltare. Per questo ogni mattina la Liturgia delle Ore ci fa pregare con il Salmo 94: «Ascoltate oggi la sua voce, non indurite il vostro cuore».

La fede nel Dio vivente che si è rivelato nella storia comincia dall’ascolto della sua Parola. Quella Parola che si è poi fatta carne nella persona di Gesù Cristo.

La capacità di ascoltare è intrinseca alla capacità d’amare. Ci può essere ascolto senza amore, ma non c’è amore senza ascolto.

L’amore di Dio verso l’umanità si rivela nel fatto che Dio ascolta le grida del suo popolo e interviene in suo favore (Cfr Es 3,7). Ma anche il nostro amore per Dio comincia con l’ascoltare la sua Parola e, similmente, il nostro amore verso il prossimo non può che cominciare con l’ascolto.

L’ascolto è possibile dove c’è almeno un rapporto fra due e se non ci si ferma al semplice udire con le orecchie quello che l’altro dice.

Mettersi seriamente in ascolto di qualcuno non è banale. Significa dedicare tempo, attenzione, lucidità, un’equilibrata misura di empatia. Ascoltare è dare spazio all’altra persona, significa saperla accogliere anche quando quello che dice non ci piace.

L’ascolto non si ferma al livello conoscitivo, che si basa semplicemente sul ricevere le informazioni che vengono dall’altro, ma coinvolge anche il livello emotivo, che ci fa percepire gli stati d’animo e i sentimenti che l’altro ci trasmette mentre comunica.

È vero, Dio parla nel cuore di ogni persona attraverso la coscienza. «La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria» (Gaudium et spes, 16).

La voce di Dio, però, può essere intesa da una coscienza aperta all’ascolto e formata, non ripiegata su sé stessa.

Una coscienza piegata su sé stessa, tuttavia, non diventa sorda a qualsiasi parola, perché è sempre sensibile a recepisce il riflesso del proprio io che si presenta anche con la voce del Maligno.

Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La Parola di Dio è una luce sui nostri passi. La dobbiamo assimilare nella fede e nella preghiera e mettere in pratica. In tal modo si forma la coscienza morale» (1802).

La nostra coscienza serve a valutare e scegliere, ma la coscienza per giudicare sé stessa ha bisogno di una parola che la raggiunga, specificatamente di un a parla da parte di Dio, come ad esempio è accaduto a Davide dopo che ha fatto uccidere Uria (Cfr 2 Samuele 12, 1-13).

Ecco di nuovo l’importanza della Parola rivelata che viene data a Israele e, in pienezza, in Cristo, Parola vivente.

Come testimonia la storia di Israele, la Parola di Dio aiuta anche ad uscire dalle secche di una coscienza individuale (è bene sempre dubitare di quello che si pensa di comprendere da soli) e favorisce la crescita della coscienza collettiva di un intero popolo.

La Parola di Dio accresce la volontà di ascolto e dona la capacità di ascoltare attraverso la mediazione che passa attraverso la comunità dei credenti.

C’è un ascolto immediato della Parola e c’è un ascolto mediato, che passa attraverso vie come l’approfondimento e il confronto con i fratelli e le sorelle che ci hanno trasmesso il deposito della fede e che hanno aperto una strada.

La Parola dice sempre qualcosa di nuovo ad ognuno di noi, soprattutto a chi non abbandona la via maestra segnata prima da Israele e poi dagli Apostoli e la Chiesa.

La Parola di Dio, che in Israele è data nella forma della Legge e dell’annuncio profetico, ci raggiunge in pienezza in Gesù Cristo, «Verbo che si è fatto carne» (Gv 1,14); «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2) e che, quindi, può anche giudicarla.

Una relazione è tale se ci si mette in gioco, se la si vive, se abbiamo il coraggio di buttarci. Fino a quando ci limitiamo a fare congetture e ipotesi, non vivremo mai una relazione e non sapremo mai come sarebbe andata.

È la dinamica dell’amore, che chiede sempre un rischio. La parola dell’altro è una promessa: ogni relazione all’inizio è una promessa. E ciascuno si impegna di fatto a realizzarla con la vita. Così è anche con Dio, c’è una relazione che inizia dall’iniziativa di Dio, da una sua promessa.

Tutte le teorie che vogliamo, tutte le norme che seguiamo, tutti i criteri e le regole che ci diamo, non servono a farci fare esperienza di Dio. La vera esperienza di Dio avviene solo quando ci poniamo in ascolto della sua Parola e accetteremo di rischiare e di buttarci nell’amore.

La fede nasce dall’ascolto. Ma non da un ascolto qualsiasi e neppure di una parola qualsiasi. Occorre sapere chi ascoltare e come ascoltare e che solo l’ascolto di Cristo è fecondo, fa crescere in noi la vera fede e ci apre a una feconda comunione con gli altri.

Don Momigli

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