Epifania del Signore (Is 60,1-6 Sal 71 Ef 3,2-3.5-6 Mt 2,1-12)
Dopo la proclamazione del Vangelo – che ci ha narrato della ricerca dei Magi che, seguendo la stella e le indicazioni della Scrittura, sono giunti a Betlemme per adorare il bambino Gesù – abbiamo ascoltato l’annuncio della data di Pasqua e delle altre feste principali dell’anno liturgico.
Mentre siamo invitati a adorare insieme ai Magi il figlio di Maria che si rivela a tutti i popoli, rappresentati da questi saggi che giungono da terre lontane e da altre tradizioni culturali e religiose, ci viene ricordato che la piena rivelazione del mistero di Cristo avviene nel mistero pasquale, nella sua morte e risurrezione.
Come è stato proclamato: «centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto». La Pasqua è il centro dell’anno liturgico, perché è il centro della fede cristiana.
L’evangelista Matteo rimanda al mistero pasquale in modo molto discreto, ma al tempo stesso chiaro e riconoscibile, attraverso la domanda che i Magi pongono quando da Oriente giungono a Gerusalemme: «Dov’è colui che è nato, il Re dei Giudei?» (Mt 2,2).
Nella Bibbia, Nuovo Testamento compreso, di solito si parla di “re d’Israele”. Il titolo «re dei Giudei», oltre che sulle labbra dei Magi, lo troviamo solo nei racconti della passione di tutti e quattro gli evangelisti.
Compare sulle labbra di Pilato che interroga Gesù, su quelle dei soldati che lo scherniscono dopo averlo incoronato di spine. È presente nel titolo appeso sopra la croce: «Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: “Costui è Gesù, il re dei Giudei”» (Mt 27,37).
Questo “re dei Giudei” lo troviamo dove non penseremmo mai di trovarlo. I Magi non lo trovano a Gerusalemme, nella reggia, dove immaginavano fosse, ma in una casa a Betlemme, un piccolo villaggio in Giudea. Non lo trovano su un trono regale, ma in braccia a sua madre in un’umile dimora.
Possiamo davvero incontrare e riconoscere il mistero di Dio che si rivela, solo se non separiamo Betlemme dal Calvario, la mangiatoia dal sepolcro, la gloria del bambino appena nato dalla gloria del Crocifisso risorto.
La vicenda dei Magi ci suggerisce alcuni criteri per trovare Gesù anche nei posti più impensati. Più esattamente, la vicenda dei Magi ci fa vedere come la luce di Dio ci guida assumendo modalità diverse.
Anzitutto la luce della creazione che si mostra loro attraverso la stella: «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2). Poi la luce della rivelazione: a Gerusalemme sono gli scribi che, interpretando le Scritture, possono dire che l’atteso deve nascere «a Betlemme di Giudea» (Mt 2,5). E la luce del sogno. È nel sogno che i Magi vengono avvertiti di non tornare da Erode: «per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12).
Nonostante la tradizione popolare abbia fissando un numero (tre magi), attribuendo loro una dignità (re), un nome (Gaspare, Melchiorre e Baldassarre) e l’appartenenza di ognuno a una razza e a un’età della vita, la vicenda dei Magi rimane avvolta nel mistero. Matteo non ci dice quanti erano, né la loro provenienza precisa, né la data della loro partenza.
Quella che Matteo ci racconta è la storia di gente che viene da lontano, che cerca e finisce col trovare. Storia di gente che si trova a pochi chilometri da Betlemme, che conosce le parole dei profeti e che non si muove. Storia di gente che approda a una grandissima gioia e di gente che resta murata viva nella propria scienza e nella propria brama di potere.
Ogni persona che cerca Dio e il senso della propria vita assume l’atteggiamento dei Magi, non certamente quello degli scribi e quello di Erode, che si chiudono nelle loro sicurezze e nella difesa, anche a costo della menzogna e della violenza, del loro status.
«Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2,11). I Magi realizzano il loro desiderio: trovare e adorare. E poi, trasformati dall’esperienza fatta, tornano alla loro vita facendo un’altra strada.
Spesso pensiamo di essere liberi, ma siamo assurdamente prigionieri dei nostri schemi mentali, dei nostri sentimenti, delle nostre rabbie, dei nostri rancori, dei nostri desideri di potenza e di gloria.
La vera libertà consiste nel non adorare nessuno sulla terra: né la persona più potente del mondo né sé stessi. Potremo essere veramente liberi se, come i Magi, sappiamo prostrarci davanti a quel bambino che è nato per noi, al Verbo di Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza.
Se Cristo è il nostro Signore, non potremo avere su di noi altri signori.