Don Giovanni Momigli

Lettera Pasqua di Risurrezione 2016

Fratelli e sorelle carissimi,

entrando nelle vostre case per la visita e benedizione delle famiglie, ho ripensato – alla luce dei venticinque anni che abbiamo percorso insieme – ai vari momenti di gioia e di dolore che hanno caratterizzato le vicende di ogni singola famiglia, che in un certo qual modo hanno segnato anche la mia vita personale e il mio ministero pastorale.

Conservo nella mente e nel cuore i volti delle persone che, oltre alla porta di casa, mi hanno aperto anche il loro cuore, confidandomi, spesso con le lacrime agli occhi, i loro problemi e le loro angosce.

La fede in Cristo e la stessa esperienza ci dicono che solo un cuore che di lascia incontrare, diviene capace di incontro; che solo una persona che si apre, anche manifestando il suo bisogno di ascolto, diviene capace di aprirsi e di ascoltare l’altro.

A volte, però, questo bisogno di essere ascoltati trova difficoltà a concretizzarsi per la mancanza di disponibilità, da parte nostra e degli altri, ma anche perché si è soli. Talmente soli da non poter scambiare una parola per interi giorni, almeno fino a quando non suona alla porta chi viene a portare la borsa della spesa, come nel caso di non pochi anziani che ho incontrato e che, oltre a vivere da soli, si trovano inseriti in un contesto dove ormai sono insistenti le relazioni di vicinato.

Alle molteplici problematiche che oggi caratterizzano la vita di molte persone e famiglie, da quella che viene percepita come una insormontabile difficoltà a comunicare con i propri figli o con i propri genitori fino alle difficoltà pratiche e affettive derivanti da una prolungata infermità di anziani genitori o suoceri, a rendere più precario il vissuto e l’orizzonte si aggiungono anche le vicende legate alle questioni economiche e all’incalzare del terrorismo.

Parlando con molte persone – o semplicemente leggendo le numerose lettere o preghiere fattemi avere in risposta al mio invito natalizio di riflettere sulla qualità delle proprie relazioni con gli altri e con Dio – sembra che il peso delle molteplici croci quotidiane sia divenuto così schiacciante da offuscare qualsiasi visione di futuro, alimentando di fatto chiusure e autoreferenzialità che rendono ancora più precario il nostro vivere, perché mancante di speranza.

Quella di cui abbiamo bisogno, tuttavia, non è una speranza qualsiasi, ma quella Speranza che trova le proprie radici nella Fede in Cristo risorto e il proprio nutrimento nella Carità.

Non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare e rinnovare, così come non c’è peccato che Lui non possa perdonare: è necessaria solo la nostra disponibilità a lasciarci avvolgere dalla misericordia del Padre e ad accogliere la Sua infinita tenerezza per noi.

Il travaglio che ciascuno si trova a vivere, è simile a quello del parto: al termine c’è comunque una vita nuova, proiettata alla pienezza della comunione col Padre.

Come i discepoli hanno avuto bisogno di staccarsi dalle loro umane aspettative per poter riconoscere il Signore risorto, così anche noi abbiamo bisogno di un nuovo sguardo illuminato dalla luce della Risurrezione, per poter vedere la positività del futuro che Dio ha preparato per noi.

Tutti ricordo nella mia preghiera. A tutti chiedo di pregare per me.

Buona Pasqua!

Lettera 2016

Don Momigli

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