Carisimi,
abbiamo iniziato questa Settimana Santa con la ritrovata consapevolezza della nostra fragilità e vulnerabilità personale e sociale, dopo che in modo doloroso e drammatico il CoViD-19 ci ha strappato le maschere delle nostre presunte sicurezze, con le quali abbiamo coltivato l’illusione di essere quel che non siamo.
Il dolore di molte persone, famiglie e comunità a causa di ferite e lutti, domanda umana vicinanza e, nello stesso tempo, ci richiama a una profonda revisione delle relazioni interpersonali e delle priorità nella ricostruzione del tessuto sociale ed economico, coscienti che l’autoreferenzialità di ogni tipo è un’astrazione, giacché tutto è davvero interconnesso.
Le sofferenze, i lutti, le fatiche e i molteplici problemi causati della presente pandemia, che portiamo nella preghiera, ci spingono a un rinnovato e attento ascolto, porgendo l’orecchio del cuore e della mente alla Parola di vita che Dio sempre ci rivolge, anche quando sembra prevalere il suo silenzio.
Ogni giorno seguiamo le notizie sul numero dei contagiati, dei guariti e dei morti, ma occorre anche riflettere sulla morte, per avere uno sguardo diverso sulla vita; per illuminare alla luce della risurrezione sia la vita sia la morte.
Vivere questo tempo in famiglia con la preghiera, la riflessione e nutrendosi più abbondantemente della parola di Dio, esige una purificazione della nostra fede, rimettendo al centro il suo fondamento e ricercando il senso vero del nostro essere comunità.
Il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, centro di tutto l’anno liturgico, vissuto con celebrazioni senza la presenza di popolo, pur seguite da molti attraverso i mezzi di comunicazione, ci fa prendere coscienza del valore universale proprio della liturgia della Chiesa, indipendentemente dal numero delle persone che fisicamente vi partecipano. E ogni famiglia può anche riscoprirsi o, addirittura, scoprirsi, chiesa domestica, nella certezza, come ricorda Papa Francesco, che «la presenza del Signore abita nella famiglia reale e concreta, con tutte le sue sofferenze, lotte, gioie e i suoi propositi quotidiani» (Amoris Laetitia, 315).
Il Signore risorto, fonte della vita, sorgente della speranza e radice di ogni vero amore, che si è rivelato a Maria di Màgdala al sepolcro, luogo del dolore e del lutto, in questa Pasqua di pandemia ci conceda la gioia di incontrarlo e di riconoscerlo sentendosi chiamare per nome.
Buona Pasqua!