Don Giovanni Momigli

Lettera ai Catechisti 14 maggio 2021

Lettera ai Catechisti della Propositura di Santa Maria a Scandicci, della Pieve di Sant’Alessandro a Giogoli, della Parrocchia di San Martino alla Palma

Festa di San Mattia, apostolo

Carissimi catechisti,

siamo ormai giunti alla fine dell’anno pastorale 2020-2021. Un caro ringraziamento per il vostro prezioso servizio, svolto in questo difficile momento segnato dalla pandemia e, soprattutto, in questa fase di profondo «cambiamento d’epoca», che ci obbliga a ripensare molto di quello che abbiamo sempre fatto.

Con la Lettera Apostolica, in forma di Motu Proprio, Antiquum Ministerium, Papa Francesco, istituendo il ministero di Catechista, afferma che la comunità cristiana viene arricchita «con il riconoscimento di ministeri laicali capaci di contribuire alla trasformazione della società attraverso la penetrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico».

Quella del catechista, dice il Papa, è «un’identità che solo mediante la preghiera, lo studio e la partecipazione diretta alla vita della comunità può svilupparsi con coerenza e responsabilità». Svolgere il ministero di catechista «richiede un incontro autentico con le giovani generazioni, senza dimenticare l’esigenza di metodologie e strumenti creativi che rendano l’annuncio del Vangelo coerente con la trasformazione missionaria che la Chiesa ha intrapreso. Fedeltà al passato e responsabilità per il presente sono le condizioni indispensabili perché la Chiesa possa svolgere la sua missione nel mondo».

La missione del catechista nasce dalla comunità ed è per la «crescita della propria comunità». Pertanto, l’insegnamento catechistico trova forza e senso se contribuisce a far crescere nella fede e alla vita comunitaria e non è in alcun modo assimilabile a una materia scolastica né può essere svolto con criteri scolastici.

Nello svolgimento del ministero di catechista, occorre tener presente, come Papa Francesco ha più volte ribadito, che «la Chiesa non è una dogana, e chi in qualsiasi modo partecipa alla missione della Chiesa è chiamato a non aggiungere pesi inutili sulle vite già affaticate delle persone, a non imporre cammini di formazione sofisticati e affannosi per godere di ciò che il Signore dona con facilità. Non mettere ostacoli al desiderio di Gesù, che prega per ognuno di noi e vuole guarire tutti, salvare tutti» (Discorso alle P.O.M, 21 maggio 2020).

Concludendo mi permetto ricordare quanto detto nell’omelia per San Zanobi, patrono di Scandicci, che penso abbia valore anche per i percorsi catechistici: «La discriminante non è data dalla bontà di singole azioni, specifiche esperienze, particolari progetti, ma dalla dimensione ecclesiale con cui si pensano e si vivono. La discriminante è data dall’edificare o meno la comunità, con i doni che ci sono stati dati e con il proprio operare».

È necessario ripensare il servizio dei catechisti e l’impostazione generale dei percorsi catechistici. Un ripensamento che va fatto alla luce del contesto socio-culturale nel quale siamo inseriti, caratterizzato da una costante perdita di valori e da un crescente analfabetismo religioso non superabile con alcune nozioni né colmabile da soli buoni sentimenti. Un ripensamento che va fatto inserendosi nel cammino che la Chiesa sta facendo per operare il cambiamento di mentalità e di vita necessario per testimoniare al mondo di oggi la gioia del vangelo, per parlare ai cuori e non solo alle menti, per ricostruire il tessuto relazionale e cristiano delle nostre comunità.

Lo Spirito Santo, che in questi giorni che precedono la Pentecoste invochiamo con maggiore intensità, illumini e sostenga il nostro cammino.

don Giovanni

Don Momigli

condividi questo post

Facebook
Twitter
Pinterest