Don Giovanni Momigli

Le Comunità Energetiche Rinnovabili espressioni di socialità e di cittadinanza integrale – 6 novembre 2024

Incontro promosso da Urbanpromo: Positive Energy Districts e Comunità Energetiche Rinnovabili nelle città del futuro. Firenze 6 novembre 2024 – Innovation Center

Intervento don Giovanni Momigli, Direttore Ufficio Problemi Sociali e Lavoro, Arcidiocesi di Firenze:

I modelli con cui vengono costituite le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) direttamente o indirettamente promosse o partecipate da parrocchie, diocesi o fondazioni legate all’ambito ecclesiastico, sono diversi sul piano della forma giuridica, in relazione all’utilizzo dei risparmi ottenuti e ai soggetti promotori.

Ci sono progetti costruiti da una rete territoriale locale e quelli che fanno perno intorno alla diocesi; progetti che prevedono il risparmio come alleggerimento delle bollette dei partecipanti alla CER e progetti che finalizzano il risparmio in modo “solidale” per particolari bisogni del territorio, decisi di anno in anno.

Modi, tempi, forme e stato progettuale di avanzamento differenti, ma un unico obiettivo: offrire una risposta concreta, seppur non esaustiva, alla transizione energetica in un’ottica comunitaria.

In questo mio intervento non parlerò della legislazione e neppure delle esperienze in atto nelle varie diocesi italiane, ma cercherò di mettere in luce i motivi che portano la Chiesa a impegnarsi anche in relazione alle CER.

  • Socialità e cittadinanza integrale

Puntiamo molto sulla funzionalità, ma l’esaltazione della funzionalità spesso soffoca la necessità che ogni persona ha di vivere un continuo movimento verso l’altro e di accoglienza dell’altro.

In questi ultimi decenni siamo scivolati, in modo impercettibile ma drammatico, verso il mondo dell’”io”, generando una visione della donna e dell’uomo come individui isolati.

L’essere umano non è individuo ma persona, che presuppone la relazionale. La persona umana è buona in sé stessa, ma non è bene che viva in solitudine: «non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18).

Ogni persona è inserita in uno specifico contesto e nel contesto globale. Papa Francesco parla di «antropocentrismo situato» (LD 67), ossia relazionale, responsabile, dell’interconnessione: «Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature. Infatti, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile» (LD 67).

Puntare tutto sulla funzionalità e una certa incapacità di stare al passo dei cambiamenti ci impedisce di affrontare con lo spirito giusto una delle più grandi sfide sul tappeto: la concezione aggressiva dell’io autocentrato, che piega tutto a sé, producendo egoismo e indifferenza, annebbiando la visione di persona, che per sua natura è relazione, e demolendo gli ambiti della socialità.

La sfida che abbiamo davanti, messa chiaramente in evidenza dalla crisi della socialità nella quale ci troviamo, è quella di ricostruire la trama del noi comunitario, attenti ad evitare che l’io si mangi il noi e che il noi si mangi l’io.

In ogni scelta e in ogni azione, singola e collettiva, in gioco c’è sempre la persona e la comunità. Questo esige grande attenzione per non ridurre le azioni per la collettività a semplice risposta funzionale e ai soli bisogni del singolo. Determinati servizi sono rivolti alla singola persona, ma il modo di pensarli e di gestirli, come il modo di usufruirne, può essere individualista o avere un respiro relazionale e comunitario.

Socialità, comunità e partecipazione sono l’alveo indispensabile per far crescere l’amore politico e l’amicizia sociale (FT, 180).

  • Socialità e città

Dobbiamo immaginare insieme la città del futuro, lavorando su quanto abbiamo ereditato e ben consapevoli che quel che facciamo oggi influisce sulla città di domani.

Sappiamo bene che le città non coincidono con i loro manufatti ed i loro servizi, ma sono date dalla vita dei loro abitanti, sempre ricca di sfide e di promesse.

Potremmo dire che volti e manufatti rendono caratteristica una città: le dinamiche passate stanno alla base di quelle presenti e le dinamiche presenti mettendo le basi per quelle future.

La persona e la comunità sono messi in gioco in tutto: dagli ambiti della cultura alla gestione dei flussi turistici, dai luoghi di culto all’abitare, dalla mobilità alla sanità, dagli interventi di rigenerazione urbana e all’assistenza e alla promozione di chi si trova in condizioni di marginalità.

Il modo con cui si coltiva l’equilibrio fra residenza, attività economica e spazi comuni e come si integrano le funzioni economiche con quelle sociali, culturali e ambientali, influisce pesantemente – in modo positivo o negativo – sulla vita delle singole persone e dell’intera comunità cittadina.

Le città possono essere luoghi di speranza e fraternità, anziché di disperazione ed emarginazione, se i molti talenti, le intelligenze, le energie positive, singole e collettive, che abitano nei nostri territori, sapranno mettersi in ascolto, in dialogo, in cammino insieme.

Le nostre città, e con esse l’intera società, hanno bisogno di persone e comunità pensanti, non solo reagenti e tanto meno indifferenti. Una socialità viva può contribuire a migliorare il funzionamento delle stesse istituzioni.

Città intelligente: è la definizione che spesso viene usata per parlare dello spazio urbano, integrato digitalmente, caratterizzato da Internet delle cose e dall’informatica diffusa, che consente connessioni, interazioni e comunicazioni in tempo reale, spesso si usa il termine. Ma basta che un lavoro, un’industria, una città siano funzionali per essere definiti intelligenti?

Per valorizzare l’umano è soprattutto necessaria la sensatezza. Servono industrie sensate, lavoro sensato, città sensate. La sensatezza è necessaria perché la persona rimanga protagonista dei processi; per coltivare la dignità, la libertà e la socialità delle donne e degli uomini nell’ottica del bene comune.

C’è bisogno di ritrovare l’anima della città, dell’economia, della stessa democrazia. E questo richiede un supplemento di riflessione sugli effetti causati dalla progressiva estromissione delle relazioni interpersonali e sociali dalla vita delle persone e della stessa città.

Le città non possono ritrovare un’anima se permangono radicati gli individualismi privati e collettivi e se non si investe in socialità con modalità adeguate a questo nostro tempo e se non prendiamo coscienza che l’agire politico non può essere ridotto all’agire partitico e neppure a quello istituzionale: è uno stile di stare al mondo e di vivere la propria cittadinanza e – per chi crede – anche la propria fede.

  • La Chiesa e le CER

Una spinta decisiva alle comunità cristiane per la costituzione delle comunità energetiche viene da papa Francesco nel 2015.

Nell’enciclica Laudato si’ ricorda che le varie crisi globali – quella economica, quella ambientale, quella sociale – sono strettamente correlate tra loro e richiedono un approccio integrale. E sottolinea: «In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti» (L.S, 179).

Rifacendosi alla Laudato si’, la 49° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, svoltasi a Taranto nel 2021 ha lanciato lo slogan/impegno: una comunità energetica per ogni parrocchia. Nel 2022, la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana ha dato vita a un Tavolo Tecnico specifico.

Fra l’altro, il 22 maggio 2024 ha pubblicato un Vademecum sulle le CER, per offrire uno strumento utile a promuovere un confronto costruttivo rispetto a quello che le comunità cristiane possono fare per uno sviluppo più sostenibile e un uso più solidale delle risorse ambientali.

Il punto a cui guardare non è immediatamente il risparmio, ma il contributo concreto alla transizione energetica e la dimensione comunitaria, che per sua natura è plurale, ed è bene che i soggetti che compongono siano variegati: dalle parrocchie alle associazioni, dall’ente pubblico alle imprese alle famiglie.

«L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale. Di fatto, il deterioramento dell’ambiente e quello della società colpiscono in modo speciale i più deboli del pianeta: «Tanto l’esperienza comune della vita ordinaria quanto la ricerca scientifica dimostrano che gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera» (L.S, 48)

Per l’enciclica è inseparabile la «preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (LS, 10) dai «diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio» (LS 210). E parla di un’ecologia «che integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda» (LS 15): non possiamo «considerare la natura come qualcosa separato da noi o come una mera cornice della nostra vita» (LS 139).

La prospettiva integrale della Laudato si’ parla anche di un’ecologia delle istituzioni: «Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”» (LS 142).

In altre parole, «non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (LS 49).

Serve «uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita, una spiritualità» (LS 111). Occorre creare sinergie nuove e una cultura che valorizzi la relazione tra persone, saperi, esperienze, soggetti pubblici e privati. Non possiamo illuderci di governare il cambiamento, di intervenire sulle disuguaglianze, di coinvolgere e scommettere attivamente sui giovani con gli schemi di sempre e senza un nuovo protagonismo comunitario.

Bisogna riflettere più seriamente sulle singole questioni e operare con maggiore determinazione. Ma è assolutamente necessario rimettere al centro la questione dell’interazione sociale: ogni questione deve essere affrontata in una visione di insieme. «Le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma d’ignoranza se fanno resistenza a integrarsi in una visione più ampia della realtà» (LS 138).

Per affrontare le sfide che abbiamo davanti c’è bisogno di maggiore dialogo sociale e di maggiore responsabilità collettiva, nella consapevolezza che «ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie» (LS 219).

Lo sforzo delle famiglie e dei soggetti territoriali per cambiare stili di vita e scelte, «anche se ciò non produce immediatamente un effetto molto rilevante da un punto di vista quantitativo, contribuisce a realizzare grandi processi di trasformazione che operano dal profondo della società» (LD 71).

È necessario assumere la complessità e operare una vera e propria conversione dall’individualismo alla relazionalità, perché «non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione del modo di vivere e delle convinzioni sociali, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone» (L.D. 70).

Le Comunità Energetiche Rinnovabili sono un’esperienza che, pur nella sua specificità, si muove nella direzione della partecipazione ed esige conversione ecologica e conversione comunitaria.

Per questa ragione papa Francesco insiste che: «Merita di essere sostenuta e incoraggiata la diffusione delle comunità energetiche, quelle nuove espressioni di cittadinanza integrale e di democrazia, che, con fatica, si stanno sviluppando anche in Italia» (Francesco, 31 agosto 2024).

Costituire e aderire a una CER rappresenta un passaggio culturale e sociale che è possibile fare assumendo la consapevolezza che ciascuno, singolo soggetto privato o collettivo, è chiamato a svolgere un ruolo da protagonista, partendo dall’ambiente in cui vive e lavora.

PROGRAMMA INCONTRO

SLIDE Intervento

LA NAZIONE 6-11-2024

Don Momigli

condividi questo post

Facebook
Twitter
Pinterest