LE DINAMICHE che ispirano e muovono il nostro agire – dall’ambito più intimo a quello che riguarda il vivere comune – appaiono sempre più caratterizzate dall’imperativo di un’autoaffermazione che rende sempre più intolleranti verso ciò che può interferire con il nostro io. Per non essere messi in discussione, viene svuotata di senso ogni relazione e si cerca di mettere a tacere ogni alterità, anche usando l’arte della delegittimazione. Il pur giusto desiderio della crescita della propria autonomia, ci ha condotto verso un individualismo narcisistico, sempre più esasperato e selvaggio, quasi ideologico, producendo gravi dinamiche di esclusione, indifferenza, abbassamento della coesione sociale e smarrimento di un orizzonte comune, moltiplicando solitudine e insicurezza e alimentando diffidenza, paura e rabbia.
È URGENTE e necessario un profondo cambiamento.
Condividiamo certamente un comune destino, ma il futuro non è già scritto. Il nostro domani dipende dalle scelte che facciamo nel presente. Dipende anche dalla riscoperta del senso del limite che caratterizza la vita di ciascuno e dal valore che sappiamo dare alla relazione. Dipende pure da una maggiore etica del linguaggio. Le parole vanno usate con responsabilità e con il senso che esse hanno.
Per questo ritengo molto importante che, riferendosi al ragazzo che, dopo aver ucciso un suo compagno, aveva dichiarato «L’ho fatto per amore», Luigi Caroppo, nel suo editoriale di ieri, abbia scritto con chiarezza: «Non era amore molesto, tossico, malato come spesso cerchiamo di giustificare. Non era amore. Punto e basta».
PARLARE di amore molesto o addirittura criminale, come si titolano libri, film e trasmissioni televisive, è improprio, fuorviante e pericoloso, perché allontana dalla vera essenza dell’amore. Un immaturo centramento su se stessi e il desiderio di possesso, con quello che ne può conseguire, non possono in alcun modo essere definiti amore. L’amore attiva un processo di decentramento da sé stessi e coinvolge sempre di più nella profondità e nel rischio di una relazione. Se manca apertura e uscita da sé, l’amore non può che rimanerci estraneo. Certo, decentrarsi fa sentire vulnerabili e fragili. Fa sentire umani. Ma è condizione essenziale per osare l’amore. Per amare e per lasciarsi amare.