«Il coraggio della Pace». XXX Congresso Provinciale delle ACLI Fiorentine. Sesto Fiorentino, 12 ottobre 2024.
Come ha detto il vostro presidente uscente nella relazione, siamo in un tempo di grandi cambiamenti.
Il cambiamento è la caratteristica del nostro tempo, È presente in molte riflessioni ed è al centro di molti dibattiti, dentro e fuori la Chiesa.
Parlare di cambiamento, però, non dice che c’è una reale presa di coscienza ed una spinta a fare quei passi, mentali e strutturali, che le trasformazioni in atto richiederebbero.
In molte persone e in certe realtà il cambiamento si vede e si tocca, ma non tocca. Sembra che, a forza di parlarne, ci fossimo anestetizzati. Ma questo modo sfuggente di porsi non rende diversa la realtà. Non cambia il fatto che stiamo vivendo un tempo assai complesso e delicato della storia.
Quella che stiamo vivendo non è solo una fase storica difficile da governare, ma anche da decifrare. Ci focalizziamo su una crisi non cogliendo che le tante crisi planetarie sono fra loro intrecciate e agiscono le une sulle altre, rendendo inedita l’attuale condizione umana globale.
Il tema del vostro congresso – «Il coraggio della pace» – è di estrema attualità: la guerra sembra essere stata sdoganata dagli stati e parlare di pace è diventato difficoltoso in ogni ambito, per le tensioni e le rotture che produce a causa delle diverse valutazioni nel merito dei conflitti.
Ci vuole davvero più coraggio a fare la pace che la guerra. Ma la dimensione della pace, nelle sue molteplici declinazioni, è una priorità̀ per tutti, in primo luogo per i cristiani, e non si deve mai smettere ci cercarla e di costruirla, partendo dalla quotidianità delle relazioni.
Come cristiani, per affrontare da protagonisti questa difficile fase storica, è necessario ritrovare il coraggio del Vangelo, assumere la complessità dell’umano e operare una vera e propria conversione dall’individualismo alla relazionalità.
L’associazionismo cattolico è chiamato ad essere una presenza più creativa ed incisiva nella società e a contribuire a far crescere l’amore politico e l’amicizia sociale (Fratelli tutti, 180), riscoprendo con forza la dimensione sociale della fede.
Bisogna tutti prendere maggiore coscienza che l’agire politico non può essere ridotto all’agire partitico e neppure a quello istituzionale: è uno stile di stare al mondo e di vivere la propria cittadinanza e anche la propria fede.
Si è cristiani se ci si mette alla sequela di Gesù Cristo. Il cristiano è incompatibile con lo status quo.
Essere in cammino con Cristo pone di fronte a continue scelte e all’indispensabile pratica del discernimento, personale e comunitario.
Di discernimento parla anche la vostra traccia congressuale: «Il nostro compito è provare ad anticipare e a leggere i cambiamenti sociali e non possiamo farlo che “dichiarandoci e scegliendo di essere di parte”. Anche sbagliando e anche con i limiti di un movimento che, mentre va incontro al nuovo, deve a sua volta innovarsi. Il “discernimento”, in questo infinito e tormentato processo, non è la ricerca “semplice” tra il bene e il male. È lo stare di fronte alla complessità senza volerla semplificare. È il travaglio, la fede e la responsabilità».
Il discernimento esige il sapere della ragione. Ma anche il sapere istintivo, quello dato dall’intuizione, e il sapere dato dall’esperienza. Ed esige pure il sapere della fede. L’annuncio e l’accoglienza del Vangelo cambiano persone e comunità, cambiano il modo di pensare e di vedere le cose e, quindi, anche i criteri del discernimento.
In ogni scelta e in ogni azione in gioco c’è sempre la persona e la comunità. Pensiamo alle scelte che riguardano il governo della città, dagli ambiti della cultura alla gestione dei flussi turistici, dai luoghi di culto all’abitare, dalla mobilità alla sanità, dall’assistenza e la promozione di chi si trova in condizioni di povertà agli interventi di rigenerazione urbana.
Il modo con cui si coltiva l’equilibrio fra residenza, attività economica e spazi comuni e come si integrano le funzioni economiche con quelle sociali, culturali e ambientali, influisce pesantemente – in modo positivo o negativo – sulle singole persone e sull’intera comunità cittadina.
Siamo tutti chiamati ad abitare la città per renderla sempre più a misura di persona e di comunità. In questo le ACLI, con i suoi ottanta anni di esperienza, possono dare un loro specifico contributo.
Per poter fare un costante discernimento comunitario, appare sempre più necessario e urgente un ambito dove sia possibile un attento e corale approfondimento, per comprendere i segni costitutivi della nostra epoca, e fare insieme un discernimento che aiuti a «riconoscere, interpretare, scegliere» (Evangelii gaudium, 51). Un luogo dove ci si possa aiutare reciprocamente a guardare al futuro da costruire, partendo dalla concretezza del presente, dal ricco bagaglio della memoria e da una visione ispirata ai valori fondanti di una comunità.
Come Ufficio diocesano Problemi Sociali e Lavoro, vogliamo offrire proprio questo ambito. Vogliamo costituire una “Consulta” che affianchi e sostenga la diocesi nella lettura delle dinamiche che attra versano il mondo del lavoro. E vogliamo anche offrire un abito dove i vari soggetti sociali possano trovarsi e, insieme, approfondire i vari temi sul tappeto.
Auspico che le ACLI non faranno mancare il loro prezioso apporto.