Articolo su La Nazione di Carlo Casini
Dopo il malore di fine luglio e l’intervento d’urgenza il parroco passerà la convalescenza dalla sorella
Ottime notizie per la parrocchia di Santa Maria a Scandicci e per tutta Firenze: don Giovanni Momigli è finalmente stato dimesso dall’ospedale. A fine luglio la comunità aveva temuto il peggio per il parroco, già sindacalista impegnato nelle lotte per i lavoratori, ricordato a San Donnino come il prete dell’integrazione della comunità cinese, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro. Era stato ricoverato d’urgenza in condizioni critiche, e anche se l’11 agosto aveva già rilasciato un messaggio di ringraziamento alle tante persone che avevano mostrato vicinanza e affetto, ancora non era fuori pericolo. Ora don Giovanni è finalmente tornato a casa, dalla sorella, sebbene ancora convalescente.
A darne notizia è lo stesso parroco in un post sul sito della parrocchia, dove ringrazia i sanitari e le tante persone, raccontando la sua lotta con la malattia: “Un personale e affettuoso pensiero ai parrocchiani, agli amici, alle persone che in questo mio lungo periodo di malattia, hanno manifestato la loro vicinanza. Dopo 34 giorni di ospedale, di cui 9 in terapia intensiva, oggi, lunedì 29 agosto, memoria del Martirio di San Giovanni Battista, sono stato dimesso. Ho completato il mio percorso ospedaliero in una struttura socio sanitaria cure intermedie, dove il 10 agosto, perché positivo al Covid19, ero stato trasferito dall’ospedale Santo Stefano di Prato, per completare una terapia antibiotica, fattibile solo in ambito ospedaliero. Dopo che il tampone effettuato il 15 agosto è risultato negativo, mi hanno trasferito in un reparto non Covid, dove sono rimasto fino alle dimissioni. Nei giorni che ho trascorso in ospedale molte persone si sono interessate alle mie condizioni di salute, mi sono state affettuosamente vicine, hanno pregato per me. Come sempre succede, però, le voci sulla malattia, che repentinamente mi ha colpito, si sono accavallate. Al di là delle spiegazioni fornitemi a voce dai medici dell’ospedale di Prato per farmi capire, prima di entrare in sala operatoria, sostanzialmente questa era la diagnosi: “fascite necrotizzante, un ascesso peritonsillare e altre dispnee e anomalie respiratorie“. L’intervento ha essenzialmente comportato la “dissezione radicale del collo“ e altro. Per il momento non sono in condizioni di poter rientrare in parrocchia, perché ho ancora bisogno di terapie e controlli in ospedale. Con le dimissioni dall’ospedale e il rientro in famiglia si apre un nuovo capitolo di questa particolare avventura e della mia storia personale. Una storia, ne sono certo, che non sarebbe stato possibile vivere senza l’affettuosa vicinanza di tante persone e la preghiera. Non mi sono mai sentito solo e abbandonato. A tutti assicuro la mia povera preghiera. Su tutti e su ciascuno invoco la benedizione del Signore”.
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