Don Giovanni Momigli

Domenica 16 marzo 2025

Seconda domenica di Quaresima anno C (Gen 15,5-12.17-18   Sal 26   Fil 3,17- 4,1   Lc 9,28-36)

La seconda domenica di Quaresima ci propone l’esperienza che Pietro Giacomo e Giovanni fanno della trasfigurazione di Gesù, che quest’anno ci viene proposta secondo la versione di Luca e introdotta dal racconto del patto stabilito da Dio con Abramo. Entrambi gli episodi ci ricordano come il Dio biblico cerchi sempre una relazione personale con tutti e con ciascuno.

Nel libro della Genesi, la relazione di Dio con l’umanità, viene chiamata “alleanza”. Il Signore ricerca e propone un’alleanza per il bene. La risposta che è chiesta a ciascuno è la fede intesa come fiducia, come nel caso di Abramo: «Egli credette al Signore…» (Gen 15,6).

Abramo ebbe fiducia nel Signore e fece quello che gli aveva chiesto. La fede è esperienza viva, in movimento: se non cresce, deperisce e muore.

La figura di Abramo richiama i modi e le esigenze di ogni vocazione: ogni giorno bisogna ripartire, accettando che la strada e il cammino siamo la nostra scuola e la nostra casa.

Assieme ad Abramo, la liturgia ci presenta altri due colossi della fede anticotestamentaria: Mosè, il legislatore di Israele, ed Elia, il primo dei grandi profeti.

Entrambi ci vengono presentati mentre stanno parlando con Gesù del «suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme» (Lc 9,31). Stanno parlando della morte che attendeva Gesù a Gerusalemme, che viene interpretata come un esodo, un cammino di liberazione come è stato quello di Israele dall’Egitto.

Il Vangelo di Luca ci presenta Gesù che parte da Nazaret, percorre molteplici luoghi e che a un certo punto assume una direzione chiara, un orientamento sicuro: i giorni dell’esodo cominciano quando Gesù prende «la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme», dove si compiranno «i giorni in cui stato elevato in alto» (Lc 9.51).

Il discepolo è invitato a seguirlo in questo itinerario di passione e di morte, ma anche di risurrezione. È lungo questo percorso che avviene la trasfigurazione.

L’evangelista dice esplicitamente: «Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare» (Lc 9,28). La preghiera, intesa come dialogo profondo col Padre, è alla base di tutto.

«Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.» (Lc 9,29). Quella che noi chiamiamo trasfigurazione avviene proprio mentre Gesù è in preghiera: è la relazione con Dio, il Padre suo, che trasforma l’intera sua persona.

Il rapporto di amore e di piena fiducia è l’anima profonda della sua missione. Ecco perché Gesù accetta anche di andare incontro alla morte, pur di svolgere fedelmente, fino in fondo, il compito che gli è stato affidato dal Padre.

L’aver sperimentato, in modo misterioso, che Gesù appartiene al mondo di Dio e non solo a quello degli uomini, non deve far nascere soluzioni di fuga. Al contrario: Pietro, Giacomo e Giovanni sono chiamati ad affrontare il momento oscuro della morte del maestro, ma anche a diventare testimoni credibili della sua risurrezione.

Coloro che abbandoneranno Gesù al momento della sua cattura diventeranno i predicatori coraggiosi del Vangelo. La loro fede, passando attraverso il travaglio dello smarrimento e della prova, approderà alla fiducia incondizionata nel Risorto.

Si tratta di seguire un Messia che adesso vedono avvolto nello splendore della gloria, trasfigurato, ma che tra poco vedranno deriso, umiliato, sfigurato e condannato a morte.

La chiave di tutto sta nel prendere coscienza che Gesù non è la proiezione dei nostri desideri, ma il Figlio eletto del Padre (Lc 9,35) che va ascoltato.

Per conoscere Gesù bisogna ascoltare, meditare e pregare, consapevoli che la preghiera, intesa come intesa relazione con Dio, ci sostiene nella fatica quotidiana dell’obbedienza, riempiendola di senso.

Così è stato per Gesù, così può essere anche per noi.

Don Momigli

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