Don Giovanni Momigli

Diario della malattia infettiva dal 23 luglio all’8 novembre 2023

DIARIO MALATTIA LUGLIO – NOVEMBRE 2022

Tutto inizia sabato 23 luglio. Al mattino mi sveglio con un dolore tipo nevralgia, che parte dall’orecchio destro e che, pian piano, verso metà pomeriggio, prende anche la gola, come spesso succede.

A fine mattinata, dopo le confessioni, vado in farmacia e mi danno Brufen 200, che prendo subito dopo aver mangiato qualcosa.

Nel pomeriggio, alle 14.30 celebro un funerale a santa Maria, poi alle 16.30 un matrimonio a san Martino alla Palma e poi ancora la santa Messa delle 18.00 a santa Maria. Il dolore persiste ma è contenuto.

Domenica 24 luglio. Al mattino il dolore è più forte. Ho anche febbre a 37.8. Non ce la faccio ad alzarmi e riesco poco a mangiare.

Il dolore rimane costante e, anche a pranzo, riesco a magiare poco più che uno yogurt.

Nella seconda parte del pomeriggio chiamo la guardia medica, mi passano il presidio di Scandicci. Faccio presente la situazione e, se non possono venire perché non ho fatto il tampone, chiedo che almeno mi prescrivano un antibiotico e Brufen 600, che i miei parenti sarebbero passati a prendere la ricetta. Ma mi dicono di parlare col medico curante il giorno successivo.

Mia sorella Giovanna, da casa sua a Lastra a Signa, chiama di nuovo la guardia medica e gli passano il presidio di Signa. Loro accettano di fare la prescrizione e mia sorella mi porta i medicinali: Brufen 600 e antibiotico Zitromax 500.

Intanto le difficoltà a deglutire aumentano.

Lunedì 25 luglio. Al mattino la dottoressa, medico di famiglia, conferma la terapia, Brufen 600 e l’antibiotico prescritto dalla guardia medica di Signa, consigliando di fare un tampone.

Nel pomeriggio vado a fare il tampone, che risulta positivo.

Deglutisco sempre peggio. Nella notte il gonfiore aumenta e prende tutta la trachea, con grande gonfiore.

Faccio un selfi e invio per mail la foto alla dottoressa, chiedendo se per lei fa parte del decorso. Ma non la chiamo, sicuramente per timore di essere mandato in ospedale,

Intanto peggioro ancora. La sera di martedì 26 non riesco a deglutire neppure un po’ di gelato alla crema.

Mercoledì 27 luglio. Dopo una nottata difficile, al mattino presto faccio altri selfi e li invio per WhatsApp alla dottoressa. Dopo le 8.00 la chiamo.

Lei mi dice che essendo positivo non mi può visitare e che, vista la foto, è urgente chiamare il 112, cosa che decide di fare lei direttamente, per spiegare la situazione. Successivamente mi richiama e mi dice che a breve verranno a prendermi per portarmi in ospedale.

Arriva un auto ambulanza e vengo portato al pronto soccorso dell’ospedale di Torregalli.

Accertamenti di rito. Poi viene deciso di fare una TC COLLO SENZA E CON MDC

Testo del Referto:

Indagine TC COLLO eseguita in regime di urgenza in modalità diretta e dopo somministrazione ev di mdc (Iomeron 400; 100 ml) con acquisizioni volumetriche e tecnica multifasica, previa acquisizione di consenso informato, motivato per “tumefazione al collo in pz covid +, BOLLA, linfoadenopatia – ascesso?”.

L’esame dimostra la presenza di estesa e disomogenea raccolta ascessuale delle dimensioni sul piano assiale di ca. 6,5 x 5,0 cm, con ring enhancement ed associate bollicine aeree nel contesto, quest’ultime meglio evidenti a sede sottoparotidea-sottomandibolare dx e nei tessuti molli sottocutanei all’altezza della regione tiroidea.

La lesione si sviluppa a sede profonda parafaringea dx con alterazione strutturale ed estesa tumefazione dell’intera parete latero-posteriore dx dell’oro- e dell’ipofaringe fino a sede sovralaringea, con lume aereo ridotto ed in parte con obliterazione substenotica. Si osserva inoltre obliterazione del seno piriforme dx, esteso coinvolgendo delle regioni tonsillare dx, parotidea dx (con gh. parotidea disomogenea e tumefatta), sottomandibolare dx (con ghiandola disomogenea e tumefatta) ed in parte anche delle corde vocali (in particolare appaiono tumefatte a dx). L’estensione CC della lesione è di ca. 15,5 cm fino all’altezza dei tessuti molli sottocutanei ventrali a sede mediana-paramediana dx all’altezza della regione tiroidea-sovraclaveare dx, coinvolgendo i muscoli sterno-, tiro- ed omo-ioideo dx, con imbibizione edematosa anche del tessuto adiposo sottocutaneo sovrastante. Presenza di linfonodi aumentati di dimensioni in regione latero-cervicale blt, maggiormente evidenti a dx dve presentano dimensioni massime di 17 x 16 x 11 mm a livello IIA; a sede latero-cervicale sn presentano dimensioni massime di 11 x 5 mm.

Rettificazione della fisiologica lordosi cervicale sul piano sagittale in quadro di spondilo-uncoartrosi con associate multiple discopatie degenerative. Lieve deviazione scoliotica dx convessa del rachide cervicale sul piano coronale. Per quanto compreso a livello degli apici polmonari, si segnalano alcuni esiti fibrocicatriziali blt.

Quadro TC meritevole di inquadramento clinico-anamnestico e laboratoristico e di urgente valutazione specialistica ORL.

La struttura di Pronto Soccorso si mette subito all’opera per cercare un ospedale dove sia possibile fare l’intervento in urgenza e che abbia posto in terapia intensiva covid, essendo positivo.

A fine pomeriggio mi comunicano che sarò trasferito all’ospedale di Prato, dove sarà effettuato l’intervento.

Arriva l’ambulanza e mi portano direttamente alla terapia intensiva Covid dell’ospedale santo Stefano di Prato.

In terapia intensiva mi preparano all’operazione predisponendo sul mio corpo quando necessario per prelievi, flebo, ecc.

In tarda serata, arrivano i medici otorini che mi spiegano quanto avrebbero dovuto fare, compresa la tracheotomia reversibile, e che per 10-15 giorni non avrei potuto parlare. Per comunicare avrei potuti farlo a gesti o scrivendo su biglietti. E si va in sala operatoria.

Al di là delle spiegazioni fornitemi a voce dai medici dell’ospedale di Prato per farmi capire, prima di entrare in sala operatoria, sostanzialmente questa era la diagnosi: “fascite nacrotizzante, un ascesso peritonsillare e altre dispnee e anomalie respiratorie”.
L’intervento, nella notte del 28 luglio, ha essenzialmente comportato la “dissezione radicale del collo, bilaterale”; “incisione e drenaggio di strutture tonsillari e peritonsillari”; “tracheostomia temporanea”.

Durante i nove giorni di permanenza in terapia intensiva, ogni giorno i medici otorini sono venuti per le medicazioni, dicendomi ogni volta che tutto procedeva bene. Per tutto il tempo mi sono sempre sentito seguito con grande attenzione e umanità.

Venerdì 5 agosto, nono giorno di terapia intensiva, mi viene fatto il tampone, perché, se negativo, ormai mi avrebbero potuto trasferire in reparto.

Il tampone risulta positivo. Però, nel pomeriggio dello stesso venerdì 5 agosto, vengo trasferito ugualmente in una camera, da solo, del reparto chirurgia.

Per entrare in questa camera, medici e infermieri dovevano tutelarsi e tutelare mettendosi abbigliamento idoneo, con forti disagi per loro, che dovevano accudire tutti i malati del reparto, e con un certo isolamento per me.

Sabato 6 agosto, mi viene tolto il catetere, ma non avendo fatto per 10 giorni la terapia per la prostata, non riesco ad andare e nel pomeriggio mi viene rimesso. Ricomincio, però, a seguire la mia normale terapia, sia al mattino che alla sera

Anche in chirurgia, come già in terapia intensiva, i medici otorini sono venuti ogni giorno, anche più volte, per medicazioni e quanto necessario, infondendomi sicurezza.

Sabato 6 agosto mi cambiano la cannula, mettendone una più piccola che mi consente di cominciare anche a parlare, pur con certe accortezze. E, nel pomeriggio, iniziano a farmi mangiare: tutto frullato freddo e sotto osservazione del medico.

Lunedì 8 agosto viene ripetuto il tampone, che risulta nuovamente positivo.

Da qui la scelta del mio trasferimento in una struttura socio sanitaria, La Melagrana di Prato, dove c’è un reparto covid, per proseguire la terapia antibiotica di flebo e altri farmaci. Vengo trasferito nel pomeriggio di mercoledì 10 agosto.

Fin dal pomeriggio del mio arrivo, inizia la cura antibiotica. E, normalmente, ogni due giorni medicazione della ferita al collo, che mi consente anche di vedere le mie condizioni tramite delle foto fatte dagli infermieri durante le medicazioni.

Per poter arrivare a togliere il catetere, proseguo la cura per la prostata e, da giovedì 11 agosto, su suggerimento di un medico della struttura (confermato dal mio urologo), faccio fare “ginnastica” alla vescica, chiudendo il catetere per due ore, riaprendolo per altre due ore e così via.

Domenica 14 agosto il catetere mi viene tolto e io ricomincio regolarmente a urinare da solo.

Lunedì 15 agosto nuovo tampone che, questa volta, finalmente risulta negativo.

Venerdì 19 vengo trasferito in un reparto no covid della stessa struttura, continuando le terapie.

Martedì 23 agosto facendo il punto sulla situazione appare chiaro che l’infettivologo dell’ospedale di Prato ha previsto tre settimane di un antibiotico che può essere somministrato solo in ambito ospedaliero. Pertanto, le mie dimissioni, previa verifica analisi, sono previste almeno per lunedì della settimana successiva.

Da questo giorno, però, chiedo il permesso di poter passeggiare in un giardino attiguo. Cosa che comincio a fare ogni giorno al mattino, pregando il Rosario, ma anche in altri momenti della giornata. Questo mi consente di “smaltire” un poco l’indebolimento dato dall’essere stato lungamente a letto e chiuso in una camera, e di prepararmi diversamente al rientro a casa.

Lunedì 29 agosto vengo dimesso dalla Struttura La Melagrana.

Come precedentemente fissato, prima di andare a casa col mezzo della Misericordia di Seano, facciamo una fermata all’ospedale di Prato, per effettuare una visita di controllo, presso l’ambulatorio otorino.

È di turno il dottor Andrea Casucci, uno dei chirurghi che mi ha operato. Mi vengono tolti i punti all’intera ferita e messi dei punti ai fori centrali. Mi viene dato appuntamento per togliere i punti e per controllo, per il pomeriggio dell’otto settembre. Il dottor Casucci, rispondendo a una mia richiesta sul cibo frullato, mi dice di comportarmi come mi sento, verificando le reazioni.

E poi finalmente a casa. Ossia da mia sorella Giovanna a Lastra a Signa per la convalescenza

Poiché il pomeriggio dell’otto settembre l’accettazione è chiusa per festa patronale, ritorno per il controllo il mattino del 9 settembre. Mi vengono tolti i punti messi 11 giorni prima dal dottor Casucci, ma, poiché emerge del siero, vengono programmate otto sedute di controllo e medicazione, due volte la settimana, partendo da martedì 13 settembre.

Nel colloquio emerge la possibilità di intensificare con il cibo normale, e mi viene ricordato che alcuni punti dove non sento la sensibilità, questa sensibilità non tornerà più.

Durante il controllo di martedì 13 settembre, il medico, dottor Enrico Muratori, lo stesso del precedente controllo, verifica che non si registra espulsione di siero. Decide di continuare il ciclo di medicazioni concordato e menziona la possibilità di un piccolo intervento di plastica di chiusura.

Al controllo di venerdì 16 settembre, il dottor Muratori ha deciso di inserirmi nella lista di attesa per effettuare la plastica e chiusura in anestesia locale del tracheostoma. Nel frattempo, per monitorare la ferita, continuo il programma previsto di controlli e medicazioni.

Oggi, giovedì 22 settembre, al controllo ho trovato il dottor Andrea Casucci, che mi ha fatto un controllo accurato anche all’interno con l’apposita telecamera attraverso il naso.

I prossimi appuntamenti sono: martedì 27 alle 7.30 per effettuare il tampone; giovedì 29 alle 13.15 nella stanza di attesa della sala operatoria per l’intervento di chiusura della tracheo in day surgery,

27 settembre: Tampone negativo

Il 29 settembre mi presento regolarmente alle 13.15, digiuno da cibo e liquidi dalle ore 7.00 come richiesto. Non nascondo una poca di tensione, che è svanita appena disteso sul lettino della sala operatoria e sono iniziate le azioni preliminari. L’intervento si è svolto in anestesia locale e, pur non vedendo quanto avveniva alla mia trachea, ho potuto seguire l’evolversi dell’operazione. Anche in questo caso con una serenità e una calma per me insolita

Ora debbo disinfettare la ferita quotidianamente, prendere un antibiotico e andare al controllo il prossimo 10 ottobre.

10 Ottobre: verifica e medicazione in ambulatorio otorino dell’ospedale di Prato

17 ottobre: Al controllo ORL mi vengono tolti i punti e medicato. Viene verificata una puntiforme deiscenza, ormai in corso di stabilizzazione. Mi viene consigliato di continuare le medicazioni e viene fissato un nuovo controllo per l’8 novembre

8 novembre: Vengono tolti gli ultimi punti, parzialmente estrusi. Otoscopia bilateralmente nella norna. Mi viene suggerito un ciclo di fisioterapia ed eventuale massoterapia percicatriziale.

Con questo controllo si conclude il percorso presso l’ospedale di Prato

***

Nei nove giorni di permanenza in terapia intensiva ho osservato il comportamento del personale e sperimentato sulla mia persona che ci sono persone competenti e attente, estremamente vigili, ma senza impropri coinvolgimenti emotivi.

Anche le persone che lavorano in terapia intensiva, come tutti noi, portano con sé la propria umanità. E questa umanità influisce non solo sul modo di svolgere il servizio ma anche sul sentire del paziente, totalmente dipendente dal personale sanitario presente.

Una cosa mi è apparsa chiara. Quelli che potremo chiamare gli scontenti della vita (“sì, però, ma”) e gli arrabbiati con il sistema (tanto trovano vantaggi solo quelli che…) non sono fra quelli che il paziente – almeno così è stato per me – predilige accanto a sé. Anzitutto perché generano ansia.

Ascoltando certi discorsi di quelli che chiamo gli scontenti e gli arrabbiati: più volte mi è venuto da pensare che sarebbe stato più equo se, assieme ai vari titoli di merito, lo stipendio fosse dato anche dal giudizio dei pazienti, ovviamente una volta usciti.

Molto meglio le persone che sembrano pensare ad altro, perché ad esempio parlano delle ferie o di altri eventi, perché ti accorgi e senti che si avvicinano a te con attenzione.

Una sera si è avvicinata una persona e mi ha detto: mi pare che questo sondino non vada. Con molta attenzione ha cercato si stasarlo, poi me lo ha cambiato: ho ringraziato che ci fosse stata lei di turno e non quella del turno successivo. Sicuramente, forse, avrebbe fatto lo stesso, ma con uno spirito del tutto diverso.

Mi pare degna di nota anche un’altra differenza: una cosa è far bene il proprio lavoro con competenza, altra cosa è far bene quel che devi fare spiegando al paziente quello che stai facendo e, nel caso, anche il perché.

Il paziente, reso consapevole può anche diventare più collaborativo e, sicuramente, sarà meno ansioso.

Don Momigli

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