DICHIARAZIONE
In questa festa di San Giuseppe, Custode della Santa famiglia e di ogni famiglia, la Chiesa italiana invita a riunirsi simbolicamente in preghiera, recitando insieme il Rosario, questa sera alle ore 21.00, per invocare la misericordia del Padre perché ci liberi dalla pandemia.
La festa di San Giuseppe, patrono dei lavoratori, ci sollecita a guardare a tutti coloro che con il loro prezioso lavoro si prendono cura degli ammalati, come i medici, gli infermieri e i volontari; a tutti coloro che contribuiscono alla tutela della salute pubblica e a garantire quanto necessario per la vita dei cittadini in queste settimane di difficile prova.
Come Pastorale Sociale e del Lavoro, non possiamo non pensare che le forti difficoltà causate dal virus, non si fermeranno al solo il presente: settimane in casa, socialità impedita, scuole e università ferme, negozi e locali pubblici chiusi, aziende in difficoltà, ecc.
Oltre agli effetti immediati sulla vita e la salute di molte persone, basta pensare ai pesantissimi effetti che la presente pandemia ha su un’economia già in difficoltà e su una situazione lavorativa e sociale già caratterizzata da intollerabili e crescenti disuguaglianze.
Indispensabili i sostegni immediati. Ma occorrono pure misure per ricostruire il tessuto economico e sociale d’Italia, anche attraverso strumenti a breve che consentano la continuità aziendale in questo momento di crisi, altrimenti non si potrà sostenere l’occupazione e i problemi, già grandi prima di entrare nell’emergenza coronavirus, diventeranno di una gravità intollerabile sul piano umano, familiare e sociale.
La Chiesa, con la propria specificità, si pone a fianco delle persone e delle famiglie pesantemente colpite dal virus e quelle che vivono situazioni di forte difficoltà. Ma anche a fianco di lavoratori, imprenditori, artigiani, commercianti, cooperatori, agricoltori, liberi professionisti che lottano per evitare che le loro condizioni, insieme a quelle del Paese, raggiungano livelli di drammaticità umana, sociale ed economica.
Nell’aprile 2009, in presenza delle prime conseguenze della crisi finanziaria, l’Arcivescovo Giuseppe Betori, auspicava «un “patto per il lavoro” fra le varie realtà economiche, imprenditoriali, sociali, istituzionali e creditizie, nel quale e con il quale vengano anche individuati obiettivi strutturali condivisi per rendere il territorio fiorentino più efficiente, funzionale e competitivo»
Un Patto che, oggi, è ancor più attuale e necessario, non solo a livello locale. Un Patto in cui il pubblico e i vari soggetti sociali, dalle famiglie alle imprese, dal non profit alle istituzioni del credito e della finanza, operano sinergicamente per rafforzare la coesione sociale e la ripresa economica in un contesto nel quale tutto è interconnesso.
Quando il male comune, dato dall’emergenza Covid-19, sarà alle nostre spalle, dovremo ricordare che il bene comune, oggi tutelato mantenendo le distanze fra le persone per impedire al virus di propagarsi, potremo costruirlo solo insieme, riscoprendo il valore della socialità, liberandosi dall’individualismo e dal particolarismo, anche economico, imparando a cooperare per divenire parte attiva per quella che possiamo definire una nuova ricostruzione.
***
Coronavirus Covid-19: don Momigli (diocesi Firenze), “affrontare l’emergenza e prepararsi a ricostruire il tessuto economico e sociale d’Italia”
19 marzo 2020 @ 19:12
“In questa festa di San Giuseppe, custode della Santa famiglia e di ogni famiglia, la Chiesa italiana invita a riunirsi simbolicamente in preghiera, recitando insieme il Rosario, questa sera alle 21, per invocare la misericordia del Padre perché ci liberi dalla pandemia. La festa di San Giuseppe, patrono dei lavoratori, ci sollecita a guardare a tutti coloro che con il loro prezioso lavoro si prendono cura degli ammalati, come i medici, gli infermieri e i volontari; a tutti coloro che contribuiscono alla tutela della salute pubblica e a garantire quanto necessario per la vita dei cittadini in queste settimane di difficile prova”. Il messaggio viene dall’arcidiocesi di Firenze e porta la firma di don Giovanni Momigli, direttore dell’ufficio di Pastorale sociale e del lavoro. “Come Pastorale sociale e del lavoro, non possiamo non pensare che le forti difficoltà causate dal virus, non si fermeranno al solo il presente: settimane in casa, socialità impedita, scuole e università ferme, negozi e locali pubblici chiusi, aziende in difficoltà…”. “Oltre agli effetti immediati sulla vita e la salute di molte persone, basta pensare ai pesantissimi effetti che la presente pandemia ha su un’economia già in difficoltà e su una situazione lavorativa e sociale già caratterizzata da intollerabili e crescenti disuguaglianze”. Don Momigli aggiunge: “Indispensabili i sostegni immediati. Ma occorrono pure misure per ricostruire il tessuto economico e sociale d’Italia, anche attraverso strumenti a breve che consentano la continuità aziendale in questo momento di crisi, altrimenti non si potrà sostenere l’occupazione e i problemi, già grandi prima di entrare nell’emergenza coronavirus, diventeranno di una gravità intollerabile sul piano umano, familiare e sociale”.
“La Chiesa, con la propria specificità, si pone a fianco delle persone e delle famiglie pesantemente colpite dal virus e quelle che vivono situazioni di forte difficoltà. Ma anche a fianco di lavoratori, imprenditori, artigiani, commercianti, liberi professionisti che lottano per evitare che le loro condizioni, insieme a quelle del Paese, raggiungano livelli di drammaticità umana, sociale ed economica”. E poco oltre: “Quando il male comune, dato dall’emergenza Covid-19, sarà alle nostre spalle, dovremo ricordare che il bene comune, oggi tutelato mantenendo le distanze fra le persone per impedire al virus di propagarsi, potremo costruirlo solo insieme, riscoprendo il valore della socialità, liberandosi dall’individualismo e dal particolarismo, anche economico, imparando a cooperare per divenire parte attiva per quella che possiamo definire una nuova ricostruzione”.